In tre anni, dal 2013 al 2017, le aziende italiane del settore moda hanno uniformato l’affidabilità creditizia, riducendo le aree di fragilità, e registrato una minore concentrazione dei guadagni. Sono i contorni della fotografia scattata dall’area studi Mediobanca sui bilanci delle 163 aziende della moda tricolore con un fatturato superiore a 100 milioni di euro nel 2017, e presentato oggi in occasione di una tavola rotonda sul settore alla quale hanno partecipato anche Carlo Rivetti (Sportswear Company), Silvio Campara (Golden Goose) e Marco Palmieri (Piquadro). L’analisi ha considerato le performance delle 15 imprese italiane del fashion system con un fatturato superiore a 900 milioni di euro e le 148 aziende con ricavi compresi tra 100 e 900 milioni.
Secondo lo studio, tra il 2013 e il 2017, le big si sono distinte sui parametri di redditività e liquidità, con un ebit margin all’11,6%, in calo dell’1,7% (le medie si sono fermate al 6,8%, ma in crescita dello 0,6%) e una incidenza della liquidità sull’indebitamento del 139,8% (contro il 52,2% delle medie). Nonostante queste differenze, i dati relativi all’affidabilita creditizia dimostrano come la disparità fra le diverse aziende sia in affievolimento. Tra il 2013 e il 2017 è diminuita del 32% la quota di aziende fragili ed è aumentata del 15% quella delle imprese investment grade. Anche la probabilità di fallimento delle imprese fragili è diminuita (-20%).
Un altro aspetto di allineamento riguarda i guadagni. Nel 2013 le top 15 godevano di una forte concentrazione dei profitti (insieme generavano il 77% dei profitti aggregati), mentre nel 2017 la quota è scesa al 56%, il che significa che c’e una maggiore equi-distribuzione degli utili netti tra le grandi e le medie.
Secondo l’analisi, nel 2017 il fatturato aggregato del campione di 163 aziende ha raggiunto i 70,4 miliardi di euro, in crescita del 28,9% rispetto al 2013. Importante l’impatto del sistema moda sull’Italia: rappresenta l’1,3% del Pil nazionale, contro l’1,1% del 2013, dato che conferma la dinamicità del fashion system. Tra i comparti domina l’abbigliamento (40,5% dei ricavi), seguito da pelletteria (20,9% del totale e top performer nell’ambito della redditività) e occhialeria (16,2%).
Un terzo circa delle aziende italiane del settore è sotto il controllo straniero (66 in totale) e la Francia rappresenta il principale partner: ogni sei imprese della moda, una è sotto il controllo dei francesi. La Francia resta il leader del settore moda in Europa. Prendendo in considerazione i fatturati 2013-2017 dei principali gruppi europei della moda (che complessivamente muovono un giro d’affari di 226 miliardi di euro nel 2017), i cugini d’Oltralpe assorbono il 30,3% del fatturato aggregato, seguita da Italia (13,4%) e Spagna (13%). Proprio la Spagna insieme alla Danimarca, invece, si sono messe in luce per la dinamicità di crescita del fatturato nel quadriennio considerato, con un +13,6% e +10 per cento.
Italia leggermente sotto la media europea per export: i grandi gruppi della moda europei si attestano sull’85% mentre l’Italia nel complesso si ferma al 78 per cento. Brilla invece la performance italiana sull’incremento della forza lavoro. Tra il 2013 e il 2017 i gruppi italiani hanno incrementato il numero dei dipendenti di 30mila unità, posizionandosi al secondo posto dopo la Spagna (48mila unità ma legate sostanzialmente a Inditex).