La Grande Mela perde sapore. La New York fashion week ha raccolto stroncature nette dalla stampa, e questa volta a picchiare più duro sono le testate ‘amiche’, quelle di casa. La manifestazione, in chiusura oggi, ha lasciato interdette alcune delle testate più influenti. La storica fashion editor Cathy Horyn non ha nascosto il proprio malcontento sul sito The Cut del New York: “L’industria, specialmente a New York, continuerà maldestramente a proporre cose che sembrano nuove o audaci, ma che in realtà non lo sono affatto, e ripeterà stili che sembreranno cambiamenti senza veramente evolvere”. La mancanza di innovazione è ciò su cui riflette anche Vanessa Friedman del New York Times che lamenta l’assenza di vere idee: “Avete anche voi la sensazione che tutto sia ‘under costruction’? Sembra quasi il tema di questa stagione”. Da questa parte dell’oceano, anche Business of Fashion titola: “A New York tutto ciò che è nuovo sembra vecchio (di proposito)”, commentando le scelte di alcuni designer come vere e propri revival del passato piuttosto che semplici referenze. “Riscoprire il vintage non è affatto una nuova idea, spesso affiora nell’alta moda quando i designer sono bloccati, sia creativamente che culturalmente. Non è quindi una sorpresa che in questo momento difficile per la moda americana il passato sembri così prevalente”, riporta la testata online.
Oltre ai pareri sulle collezioni in passerella i critici non risparmiano di sottolineare anche i problemi strutturali di cui soffre il sistema moda statunitense: “L’intera impalcatura si sta frantumando. Nei prossimi 5 anni potremmo vedere una o due catene di department store ridimensionarsi o chiudere del tutto. Nel frattempo, sempre più marchi stanno sviluppando i propri canali e-commerce e digitali”, scrive Horyn evidenziando una mancanza di sicurezza confermata da alcune delle recenti sfilate.
Dopo il flop della New York fashion week: Men’s, i défilé femminili non sono riusciti a ravvivare l’entusiasmo nella Grande Mela. Le recensioni hanno confermato il talento di singoli nomi affermati come Tom Ford, Ralph Lauren e Jeremy Scott ma, alla resa dei conti, la kermesse americana sembra riflettere una profonda crisi di identità, una ricerca di nuovi posizionamenti di sistema.