Il tema della sostenibilità riaccende l’attenzione sul ‘made in’. Sistema moda Italia racconta i progetti che, stavolta, potrebbero tradursi in regole comuni.
Ormai tutti parlano di sostenibilità. Il tema, nell’ambito della moda, ha aperto gli occhi su un sistema produttivo più coerente con le esigenze ambientali e più corretto da diversi punti di vista. Ma non solo. La sostenibilità ha anche riacceso le speranze su un fronte caro al made in Italy e più attuale che mai: la tracciabilità delle produzioni. “La sostenibilità esiste solo se c’è la tracciabilità”, ha detto il presidente di Sistema moda Italia, Marino Vago in occasione della cerimonia di inaugurazione della recente edizione di Pitti Immagine Uomo che, non a caso, ha dato molto spazio all’argomento delle tendenze green. La tracciabilità delle produzioni tessili e moda per anni ha rappresentato una battaglia del settore moda. Uno strumento duplice perché, da un lato, consentirebbe di arginare i fenomeni di concorrenza sleale e tutelare i consumatori, garantendo la massima trasparenza nella catena di produzione del tessile; dall’altro consentirebbe di valorizzare i prodotti italiani. Ma la strada è sempre stata in salita. Il tema era stato declinato nella proposta europea sull’indicazione di origine, il cosiddetto “made in” che però ha vissuto fasi alterne a Bruxelles. Dopo l’iniziale euforia, in pratica, è stata derubricata (e finita fuori dalle agende istituzionali) a causa dello scarso interesse dell’Europa o meglio dai Paesi del Nord Europa dell’Unione europea. Ora il tema, interpretato in modo differente, torna sulla scena, grazie anche a Sistema Moda Italia. Insieme ad Euratex, l’omologa europea del tessile e della confezione, Smi sta collaborando a un progetto che porta la firma di Unece, la Commissione economica per l’Europa delle Nazioni Unite (una delle cinque commissioni economiche che riportano al Consiglio economico e sociale delle Nazioni Unite), e dedicato appunto al tema della sostenibilità. Il progetto si intitola ‘Framework Initiative on Traceability for Sustainable Textile Value Chains’ ed è nato nel marzo 2018 per supportare l’iniziativa ‘Sustainable Development Goal 12 on responsible production and consumption’, gli obiettivi in materia di sviluppo sostenibile che gli stati membri delle Nazioni Unite si sono impegnati a raggiungere entro il 2030. Il documento in possesso di Smi, che è stato anticipato a Pambianco Magazine, spiega come l’iniziativa si rivolga ai settori tessile/abbigliamento e pelle, e abbia tre obiettivi. Da una parte, punta alla creazione di una piattaforma di dialogo che ha come destinatari i governi dei diversi Paesi, per la definizione di raccomandazioni di policy. Dall’altra, ed è qui che entra in campo Smi insieme ad Euratex, si sta studiando la definizione di un sistema di trasparenza per il settore tessile. L’idea è quella di dare vita a un codice che armonizzi i parametri della tracciabilità, “coordinato con gli altri centri di definizione di politiche industriali, in grado di raggiungere una massa critica, di lavorare con l’industria e le esperienze già presenti, auspicando un avvallo finale molto autorevole al livello politico, per evitare la proliferazione di microiniziative, ognuna con un proprio ‘dialetto’, focalizzata solo su singoli aspetti”, spiegano da Smi. Il protocollo sarebbe volontario, una modalità che consentirebbe di aggirare molti dei problemi che hanno afflitto le proposte precedenti in tema di tracciabilità. Ultimo obiettivo del progetto di Unece è il supporto e abilitazione degli stakeholder per l’implementazione della tracciabilità, con azioni di sensibilizzazione e formazione, ovvero i governi, gli enti internazionali, le associazioni e le Ong. La tempistica sarà cruciale, anche se l’iniziativa è vincolata alle tempistiche di lavoro della standardizzazione internazionale dei parametri. Si parla di due anni di lavori dall’avvio, che dovrebbe coincidere con il lancio dell’iniziativa verso metà febbraio in un convegno Oecd (Organizzazione per la cooperazione e lo sviluppo economico) a Parigi. In questa occasione si capirà anche quali saranno le coperture economiche della proposta, che prevede una partecipazione dell’Unione europea. Oltre al progetto principe sulla tracciabilità, da Smi richiamano alti due studi in ambito europeo che lasciano pensare che non tutto sia perduto sul fronte delle etichette di provenienza. La Oecd sta verificando l’opportunità di costituire un gruppo di lavoro su tracciabilità e blockchain, coinvolgendo portatori di interessi ed esperti di tecnologie, mentre la Commissione europea e in particolare la Dg Devco (la Cooperazione internazionale e dello sviluppo) ha avviato una ricerca con aziende per testare le problematiche connesse alla tracciabilità e trasparenza, con particolare attenzione alle Pmi e alle opportunità che a loro potrebbero derivarne. Nello specifico, erano interessanti gli aspetti di raccolta dati, scambio di dati armonizzati e risk management.