Terzo trimestre sotto le stime per Tiffany & Co, che accusa la frenata dello shopping dei turisti cinesi. Il gruppo newyorkese della gioielleria ha archiviato i tre mesi al 31 ottobre scorso con ricavi per 1,01 miliardi di dollari (circa 888 milioni di euro), in aumento del 4 per cento. Il dato è inferiore agli 1,05 miliardi di dollari stimati da Wall Street. A parità di perimetro, il turnover segna un +2%, contro il +5,4% indicato dagli analisti. Il Q3 si è chiuso con un utile netto di 94,9 milioni di dollari, in flessione del 5 per cento.
Nei nove mesi il gruppo guidato dal CEO Alessandro Bogliolo ha registrato profitti in crescita del 24% a 382 milioni di dollari, a fronte di vendite in aumento del 10% a 3,1 miliardi.
Per l’intero esercizio il management di Tiffany stima una crescita dei ricavi nell’ordine del 5% a parità di punti vendita, mentre gli utili per azione dovrebbero attestarsi tra i 4,65 e i 4,80 dollari. Il marchio di gioielli statunitense ha quindi mantenuto invariata la sua previsione di profitto annuale, più bassa dei 4,83 dollari per azione ipotizzati dal mercato. Nel pre-market di ieri le azioni d Tiffany hanno perso quasi il 13% (la performance peggiore da circa 3 anni), per poi chiudere la seduta in calo dell’11,3 per cento.
Ad impattare negativamente sulla performance del gruppo americano è il calo dello shopping da parte dei turisti cinesi negli Stati Uniti e a Hong Kong, mentre resta forte, ha spiegato agli analisti lo stesso Bogliolo, la domanda dei cinesi entro i confini domestici. “Il governo cinese vuole migliorare e spingere i consumi locali – ha dichiarato il numero uno di Tiffany al Financial Times -. Ciò che abbiamo iniziato a fare, seguendo i flussi dei clienti cinesi e notando che ora spendono di più nella Cina continentale che all’estero, è tarare il nostro inventario in modo da intercettare correttamente le vendite là dove la domanda è molto forte”.