In primo piano non solo nelle ricerche digitali dei consumatori, ma anche nei documenti finanziari delle aziende. L’e-commerce sta diventando un asset sempre più strategico per i brand che, riconoscendone il valore (non solo economico) per sé e agli occhi dei propri stakeholder, scoprono le carte su quote e prospettive di crescita del canale online. Un climax ascendente d’attenzione, questo, che va di pari passo con la crescita dei volumi, il cui peso, secondo gli analisti di McKinsey e Goldman Sachs, è destinato ad aumentare, o addirittura a raddoppiare, da qui al 2020.
IL VALORE DELL’E-COMMERCE OGGI
Ad oggi, secondo McKinsey, le vendite online dei personal luxury goods ammontano a circa l’8% di uno shopping globale pari a 254 miliardi di euro. Una percentuale che, in media, è stata raggiunta da molti brand del settore. Per il gruppo Aeffe, infatti, oggi l’e-commerce vale il 7% del fatturato (che nel 2017 è stato di 312,6 milioni di euro), valore che, sebbene ancora contenuto, sta crescendo a un ritmo superiore rispetto alla progressione media del gruppo, con un +25% anno su anno. Sulla stessa cifra si aggira anche Moncler, il cui giro d’affari online tocca attualmete circa il 7,5% del fatturato totale (1,2 miliardi nel 2017). In particolare, il solo canale diretto di e-commerce del brand ha registrato una crescita di circa il 30% negli ultimi due anni. Anche per Lvmh l’e-commerce vale oggi il 7%, e quindi per circa 3 dei 42,6 miliardi di fatturato, in progressione del 30 per cento. Secondo i dati riportati dalla piattaforma eMarketer Retail, attorno a questi valori percentuali si muovono anche Tiffany (tra 6 e 7% nel 2017), Ralph Lauren (8,8% nel 2017) e Nike (7,7% nel 2018). Sergio Rossi e Burberry gravitano entrambi attorno a quota 10 per cento. Ha già fatto qualche passo più in alto l’incidenza di Inditex la cui percentuale di vendite online, pari al 10% nel 2017 (+41%), è balzata nella prima metà del 2018 al 12 per cento. Su cifre inferiori, invece, si aggirano Tod’s, in base alla stampa attorno al 5%, il cui e-commerce, come specificato dal direttore finanziario Emilio Macellari, “cresce a doppia cifra, anche oltre il 30%”, e, sempre come riportato da eMarketer Retail, Vf Corporation (5,2% nel 2016), Coach (4,2% nel 2016) e Steve Madden (4,4% nel 2017). Discorso a parte merita Gucci che dichiara un 4%, ma riferito, come specificato dall’azienda, al solo canale Gucci.com (senza cioè i ricavi delle piattaforme terze). La cosa impressionante sono i tassi di crescita espressi dalla griffe italiana, +86% nel 2017 rispetto al 2016 e +88% nel solo secondo trimestre del 2018. I pesi più alti vengono però raggiunti dagli americani. Abercrombie&Fitch, per esempio, arriva al 17,8% a livello Usa, e al 10% a livello internazionale nel 2017. Il gruppo Urban Outfitters ha visto l’e-commerce pesare per il 37,5% nel 2017 (nel 2013 pesava il 23,7%). Secondo l’analista Omar Saad di Evercore ISI, anche Canada Goose raggiunge percentuali sul giro d’affari totale ‘stellari’, con un valore 2017 intorno al 20 per cento.
OBIETTIVO RADDOPPIO AL 2020 (E NON SOLO)
Un altro aspetto emerso negli ULTIMI mesi, oltre alla evidente crescita di trasparenza sui dati, è la chiara presa di posizione delle griffe in merito agli obiettivi futuri. Che si presentano come estremamente ambiziosi. Prada, per esempio, in occasione della pubblicazione dei dati annuali, ha annunciato l’intenzione di portare l’incidenza dell’online dal 4-5% attuale al 15% nel 2020. Anche Adidas punta a più che raddoppiare le vendite online, le quali dovrebbero passare dagli attuali 1,6 miliardi di euro ai 4 miliardi in due anni. Mango punta invece a sfiorarlo, il raddoppio. Il brand spagnolo vede infatti l’e-commerce pesare per il 15,5% del fatturato totale, valore che l’azienda vuole spingere al 20% entro il 2020. Triplicare è invece l’obiettivo di Save The Duck: attualmente, la piattaforma di proprietà frutta il 10% circa delle vendite totali e, entro il 2020, l’intenzione è di arrivare a quota 30 per cento. Il raddoppio, sebbene senza ordine temporale specificato, è nei piani anche di Moncler e Gucci che, nello specifico, punta a raggiungere un valore pari al 10 per cento.
IL RUOLO DELLE PIATTAFORME MULTIBRAND
Secondo il report “The age of digital Darwinism” realizzato da McKinsey & Company, le vendite di lusso online arriveranno a contare il 12% (37 miliardi) nel 2020 e il 19% (74 miliardi) nel 2025 del mercato del lusso globale, che toccherà quota 383 miliardi. Il tutto, contro l’8% (20 miliardi di euro) su 254 miliardi di euro del 2016. Un ruolo importante lo giocheranno le piattaforme multimarca. Secondo Goldman Sachs, tra il 2019 e il 2025 i titoli del lusso beneficeranno in totale di 23 miliardi di ricavi derivanti dalle piattaforme online multibrand, che si rifletteranno in un aumento dell’ebit di 10 miliardi. L’assunto è che i ricavi dalle transazioni su piattaforme terze realizzati dalla dozzina di aziende esaminate passino dall’attuale 1% al 10% nei prossimi cinque anni. Gli analisti parlano di “stime conservative” ricordando che, per il 2025, il peso dell’online è previsto salire dal 7% attuale al 16% dei ricavi totali.