Nelle vie dietro La Rinascente regna il take away brandizzato. Aprire qui porta visibilità internazionale e opportunità di partnership per l’estero. I costi aumentano di conseguenza.
A due passi dal Duomo e dalla Galleria c’è il regno dello street food. Il pasto veloce di qualità e da asporto è ormai una tendenza internazionale che Milano ha sposato appieno. Anzi, ha anticipato i tempi, dando vita e forma a uno street food district in piena regola e con poche analogie nelle capitali occidentali. I brand dello spuntino hanno preso possesso degli spazi disponibili e distribuiti lungo tre piccole strade, via Santa Radegonda, via San Raffaele e via Agnello, esaurendo di fatto le capacità dell’area che oggi è sold out e presenta valori ingenti di buonuscita per il subentro: secondo quanto risulta a Pambianco Magazine, il key money concordato per le ultime trattative concluse in zona era compreso tra i 10 e 15mila euro al metro, cui naturalmente va aggiunto l’affitto delle location. Si tratta quindi di un investimento importante e tale da selezionare i pretendenti sulla base della forza economica e finanziaria del brand. In cambio, oltre all’immagine, ci sono incassi altrettanto ingenti.
Tutto nacque attorno a Luini. Davanti allo storico forno del panzerotto, attività fondata nel 1888, si crea ogni giorno una lunga fila di clienti con tanto di servizio d’ordine a sorvegliare le operazioni. Fino a sei anni fa, però, attorno a Luini non c’era seguito, se non quello rappresentato da pizzerie e ristoranti altrettanto storici come la pizzeria Di Gennaro. “Quanto aprimmo nel 2011, occupammo uno spazio sfitto da tempo e non versammo un centesimo di buonuscita”, ricorda Vincenzo Ferrieri, CEO di Cioccolatitaliani, ben piazzato al civico 6 di via San Raffaele, una location strategica, per il gruppo fondato sulla chocolate experience, che da qui trae il 30% degli incassi totali di Milano, dove dispone di altri quattro punti vendita. “Per noi, quello shop è un flagship. Si tratta non solo del negozio più performante della catena, ma anche di quello che ci ha offerto più visibilità internazionale, permettendoci di concludere accordi di partnership come quello che sta portando il brand ad aprire in Oman dopo aver conquistato Arabia Saudita, Emirati Arabi, Qatar e Kuwait”. Per il gruppo da 30 milioni di ricavi nel 2016, e con stime di chiusura sui 38 milioni a fine anno, è giunto il momento di avviare il restyling di questo punto vendita, dopo sei anni di grande crescita. “Chiuderemo per qualche settimana a febbraio. L’importanza della boutique di via San Raffaele è tale da imporre adeguati cambiamenti per offrire un premium di massima bellezza. Abbiamo ricevuto tante offerte allettanti per cedere lo spazio, offerte che ci hanno ancor più convinto di quanto sia stata giusta la nostra scelta. Abbiamo contribuito all’esplosione di quella zona” conclude Ferrieri. Nel quartiere dello street food non poteva non trovar spazio l’hamburger, presente sia in salsa americana con il colosso McDonald’s in Galleria Fontana (tra Santa Radegonda e San Raffaele) sia nella versione made in Italy di Mama Burger, il cui punto vendita è al civico 18 di via Agnello. Nato come terzo store della mini-catena, si è imposto velocemente come flagship e principale fonte di introiti. “Oggi ci assicura circa due milioni l’anno su un totale di 2,8 milioni”, racconta il CEO Guido Cancellieri, evidenziando l’apporto del suo locale e del vicino Juice Bar alla riqualificazione dell’area. “Quando siamo arrivati noi, la zona era abbandonata a se stessa”, spiega l’imprenditore, impegnato nel potenziamento di Mama Burger con l’apertura a fine settembre presso il centro direzionale Mac7 e in procinto di inaugurare lo store in piazza Gae Aulenti, iniziative che dovrebbero far decollare i conti inevitabilmente condizionati dalla chiusura dello “storico” Mama Burger di via Vittor Pisani, zona giudicata non più adatta all’attività. “Abbiamo tante richieste per via Agnello, ci sono grandi gruppi di pizzerie e altri tipi di street food interessati alla zona. Per noi però è diventata una location fondamentale, con uno zoccolo duro di clientela milanese per la pausa pranzo, ma anche tanti stranieri, tra cui imprenditori mediorientali che spesso ci chiedono partnership per aprire anche nei Paesi del Golfo. Ci stiamo pensando”. Mama Burger sta inoltre lavorando per potenziare il servizio serale. “All’inizio era poco più di una scommessa, ora però gli incassi hanno superato le previsioni grazie ai turisti e alla clientela proveniente dal vicino cinema Odeon o dagli eventi in Duomo”.
L’area ha attratto anche lo street food made in Japan. L’ingresso di Musubi risale al 2013, e da allora il giro d’affari del piccolo take away si è moltiplicato. “Quest’anno arriveremo a 1,2 milioni di euro”, racconta Takahiro Matsuyama, socio dell’attività avviata da un gruppo giapponese specializzato nella distribuzione di sistemi energetici e primo partner di Grom per il mercato nipponico. L’idea di Musubi, brand nato in Italia e non importato dal Giappone come in genere accade, nacque per soddisfare un’esigenza di turisti e uomini d’affari che si trovano in Italia e hanno voglia di rigustare i cibi di casa, ma ha conquistato in fretta anche i milanesi. “Superata l’iniziale diffidenza, la formula ha preso quota. Stiamo pensando di aprire un secondo store a Milano, in zone centrali come via Dante, Garibaldi o Brera, ma non abbiamo ancora trovato la location adatta”. Takahiro però non crede alle prospettive di crescita per Santa Radegonda in orario serale: “Ci abbiamo provato, ma non ne vale la pena. Il 70% dell’incasso viene realizzato tra le 12,30 e le 15”. Non può esserci street food senza pizza o focaccia? Il Duomo district conferma la regola, e propone insegne come Zia Esterina by Sorbillo per la pizza fritta, Spontini per la pizza “alla milanese”, Manuelina per la focaccia di Recco. Quest’ultima è giunta dalla Riviera Ligure a Milano qualche giorno prima dell’inaugurazione di Expo 2015, attraverso un accordo con La Rinascente, e da allora i conti sono andati in crescendo, anche ad Expo archiviata. “Milano – afferma il contitolare Cesare Carbone – è diventata una città molto turistica, lo si nota ad agosto quando lavoriamo regolarmente. Nel 2016 abbiamo sfiorato il milione di ricavi e a fine anno dovremmo andare oltre”. Un contributo sta arrivando dalla fascia oraria dell’aperitivo, quando da Manuelina servono le focacce abbinate a vini o cocktails. “La focaccia ha un grande potenziale, è un prodotto che piace ed è relativamente poco conosciuta. Va però fatta secondo determinati criteri. Noi a Milano utilizziamo le stesse materie prime, gli stessi fornitori e gestiamo il ciclo produttivo esattamente come a Recco”.
Quanto a Spontini, il brand della pizza alta in teglia oggi controlla 22 punti vendita tra Italia ed estero, ma quello di Santa Radegonda ha una particolare importanza. “Per questa location – afferma il CEO Massimo Innocenti – abbiamo sviluppato un nuovo format, lo Spontini Point. Questo concept ha l’insegna nera e la consumazione in piedi, e asseconda le esigenze di rapidità della clientela che frequenta il negozio. Il punto vendita ha inoltre rappresentato un importante investimento nel marchio Spontini che, grazie ai molti turisti che frequentano ogni giorno il locale, ci ha permesso di essere conosciuti nel mondo”. In prospettiva, Innocenti crede nello sviluppo dello street food, con il contributo della clientela turistica, ma per Santa Radegonda si augura una “pacifica” convivenza di attività commerciali. “Oggi – conclude il CEO di Spontini – stiamo vedendo un assalto al settore del food, che è visto come bene rifugio anche da chi non lo sa fare. Questo non mi sembra un grande metodo di sviluppo. Credo però che il futuro saprà tornare a dare spazio anche alle attività tradizionali. La ripresa economica farà alzare la richiesta di servizi”.