“Riteniamo improbabile l’acquisizione di Puma da parte di un investitore industriale o finanziario all’attuale prezzo di mercato. Crediamo piuttosto che Kering inizierà a disinvestire distribuendo quote di Puma ai suoi azionisti, come accaduto in passato con Fnac“. Ad avanzare questa ipotesi sono gli analisti di Bernstein, che chiariscono come la vendita del brand tedesco dello sportswear, acquisito nel 2007 al prezzo di 330 euro per azione (un deal che valutava Puma 5,3 miliardi di euro), sarebbe ora non prioritaria, viste la possibilità di fare cassa sulla scia del successo di Gucci e di sviluppare marchi già in portfolio, come Yves Saint Laurent, Balenciaga e Bucheron, piuttosto che operazioni di M&A.
“Una distribuzione delle quote – si legge sul report della società di ricerca e investment management – sarebbe in linea con il desiderio della società di assicurare un rendimento agli azionisti e si svilupperebbe come già avvenuto per Fnac. Questo processo potrebbe completarsi entro qualche mese o un anno al massimo, visto il continuo miglioramento dei risultati di Puma”.
Il marchio di sportswear ha archiviato i primi sei mesi del 2017 con vendite pari a 1,974 miliardi di euro (+17,6% ) e utili netti per 71,5 milioni, in crescita del 160,5 per cento. Dal canto suo, nella prima metà dell’esercizio fiscale Kering ha registrato utili in crescita del 77,6% a 825,8 milioni di euro, a fronte di ricavi in aumento del 28,2% a 7,3 miliardi (con Gucci a +45,4% e Yves Saint Laurent a +29,7 per cento).
Le speculazioni sulla possibile cessione del gruppo di Herzogenaurach si susseguono da diversi anni, di volta in volta smentite da François-Henri Pinault che a giugno 2016, in un’intervista al Financial Times, aveva dichiarato di “non voler vendere Puma nel breve termine”. Dallo scorso aprile, il numero uno del colosso del lusso non fa più parte del consiglio d’amministrazione di Puma, in cui copriva la carica di vicepresidente.