A un anno dall’apertura, primo bilancio del super mall di Arese. Promosso, ma con riserva, dai negozianti. Le associazioni denunciano i danni al tessuto retail.
Fino a poco più di un anno fa, Arese era simbolo della vecchia anima industriale dell’hinterland milanese. Una cittadina dominata dallo scheletro dei capannoni di quelli che furono i più grandi stabilimenti produttivi dell’Alfa Romeo. Ora, per chiunque abiti a Milano o nel circondario, Arese fa rima con shopping, Primark, Lego e le alette di pollo dell’americanissima Kentucky Fried Chicken. Merito del gruppo Finiper che qui, a metà aprile dello scorso anno, ha inaugurato il centro commerciale dei record e dei miracoli. Record prima di tutto in termini di spazio e di investimenti: Il Centro di Arese è, almeno per ora, il più grande centro commerciale in Europa e per accaparrarsi i due milioni di metri quadrati di spazio e inaugurare la struttura da 200 negozi, il patron di Finiper ha sborsato qualcosa come 400 milioni di euro. Ma i record di Arese vanno anche oltre. In meno di due mesi, complice la novità e l’effetto Primark, il centro commerciale ha attirato due milioni di visitatori con tanto di viabilità quasi al collasso nel primo periodo di apertura, in particolar modo nel weekend. Ma, terminato l’effetto ‘sorpresa’, è interessante valutare il fenomeno Arese a un anno di distanza. Dal punto di vista delle affluenze, la freccia sembra sempre rivolta verso l’alto, anche se i dati raccolti da Pambianco Magazine tradiscono comunque un andamento a luci e ombre. In termini di numeri, gli obiettivi del gruppo sembrano raggiunti. In occasione dell’inaugurazione del centro, il gruppo aveva fatto sapere che il potenziale di visite avrebbe dovuto raggiungere quota 13 milioni di persone annue, inserendolo tra le strutture prime, ossia che contano oltre 10 milioni di frequentatori all’anno. Una cifra già raggiunta: secondo i dati comunicati dalla stessa struttura, che però non ha voluto fornire ulteriori commenti, dall’apertura a metà gennaio gli ingressi sono stati proprio 10 milioni, “in linea con previsioni e aspettative”. Facendo un rapido calcolo, ciò significa che sembra esserci stato un flusso costante, con una media di circa un milione di visitatori al mese, un dato depurato dai picchi di Natale e dei saldi. Certo, sul risultato è assai probabile che abbia pesato il conclamato effetto-Primark. In ogni caso, contattata da Pambianco Magazine, una selezione di marchi presenti nel centro promuovono tutto sommato Il Centro. Pur con qualche riserva.
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La soddisfazione più grande (e le risposte più precise) arriva dai brand di calzature: “Il punto vendita di Arese di Primadonna Collection ha incassato il 10% in più rispetto all’obiettivo prefissato”, fanno sapere dall’azienda pugliese. Anche Geox si dichiara soddisfatta: “Il nostro monomarca sta andando molto bene, registriamo un alto traffico grazie alla capacità di attrazione de Il Centro e al bacino di utenza ampio”. Oltre al punto vendita a insegna Geox, il marchio di calzature è presente anche con un corner brandizzato all’interno di Pittarosso. E proprio dal multibrand veneto, spiegano che non c’è stata la tanto temuta cannibalizzazione con gli altri store in zona: “Il bacino è talmente ampio che negli altri nostri punti vendita in zona non stiamo perdendo fatturato”. Nonostante Primark abbia catalizzato l’attenzione dei visitatori della struttura, in perenne coda fuori dal maxi negozio di abbigliamento low cost, anche l’offerta moda in generale sembra aver beneficiato del tanto conclamato successo del centro. “Siamo molto soddisfatti del nostro negozio – commenta Carola Prevosti, direttore generale di Preca Brummel, al quale fa capo il marchio di childrenswear Brums – perché la struttura continua ad avere una grande affluenza e il nostro punto vendita sta ottenendo delle buone performance rispetto alla media generale”. Stesse parole entusiaste da parte di un player dell’abbigliamento adulti Nara Camicie. “Dopo un anno dall’apertura del Centro, siamo molto contenti dell’andamento del negozio”, dichiara Dario Bravi, franchisee della boutique NaraCamicie. “Ovviamente – continua – i primi tre mesi sono stati un vero boom di visitatori, anche per le nostre vendite. Tant’è che all’entrata del centro si formavano delle file lunghissime di macchine. Ora, come in tutte le situazioni, l’andamento si è assestato”. Da dove provengono i flussi? “In settimana – precisa Bravi – abbiamo dei discreti incassi con la gente che arriva dal circondario, mentre nel weekend, le persone aumentano e oltre ai locali, abbiamo visite che arrivano da Stresa, Arona, Como e Varese e da altre provincie vicine a Milano”. Un incoming troppo ‘locale’ secondo alcuni che, invece, lamentano la mancanza di visitatori esteri. Lo dice espressamente Paolo Montefusco, AD di Harmont & Blaine. “Sarebbe importante puntare sulla clientela straniera, con attività di marketing specifiche e accordi con agenzie di viaggi e di autobus”, propone il manager che aggiunge: “Riteniamo che le già elevate potenzialità del mall potrebbero ulteriormente crescere con un brand mix leggermente più bilanciato a favore del segmento premium rispetto al fast fashion, oggi molto presente. Consideriamo la nostra boutique di Arese in fase di rampa. Dopo un buon inizio e un successivo rallentamento, negli ultimi mesi ha intrapreso un importante trend di crescita”. Nessuna delle società intervistate, tra cui anche il gruppo Calzedonia, Imperial, Benetton, H&M e Inditex, ha però voluto rilasciare i dati economici dei propri punti vendita, “nel rispetto delle policy aziendali”.
A RISCHIO LO SHOPPING IN CITTÀ
Come sempre accade, di fronte al cambio di scenario, c’è chi brinda e chi no. A fare le spese dello spostamento dell’asse dello shopping verso Arese è stata buona parte del tessuto commerciale dell’hinterland milanese. Secondo Confcommercio c’è stato un “forte squilibrio in tutta la zona a seguito dell’apertura de Il Centro”. A distanza di un anno, spiega a Pambianco Magazine il vicepresidente di Confcommercio Milano Lodi Monza e Brianza, Alberto Panigo, “non solo i comuni limitrofi come Rho e Lainate, ma anche quelli ben più distanti fino ad arrivare al varesotto, al comasco e a Milano stessa, hanno registrato una riduzione degli incassi nell’ordine del 20-30%, a seconda delle categorie”. L’associazione, che si augura che questo ‘effetto apertura’ sfumi nel più breve tempo possibile, segnala un forte danno sia per i commercianti al dettaglio di abbigliamento, sia per bar, ristoranti e pubblici esercizi. “I 25 ristoranti e i 200 negozi all’interno del mall non solo hanno impattatato dal punto di vista sociale sulla comunità, ma hanno anche danneggiato i piccoli commercianti e i centri di minor densità”. I contributi della Regione Lombardia, “circa 800mila euro a sostegno della zona, non sono bastati”. L’effetto Arese ha contribuito in sostanza ad accelerare un trend di mortalità già in atto in tutta Italia. Secondo i dati raccolti da Federazione Moda Italia (Federmoda) nella sola area di Milano le imprese di moda attive sono passate da 3.054 del 2012 a 2.841 al primo semestre del 2016. “Facendo due conti significa oltre 500 lavoratori in meno nel dettaglio moda – commenta Massimo Torti, segretario generale di Federmoda – difficilmente saranno interamente riassorbiti. I negozi di moda hanno già dovuto sostenere il passaggio della crisi dei consumi con la spinta verso il prezzo basico e le offerte spalmate lungo tutto l’anno. Secondo le segnalazioni dei nostri associati, il peso dell’influenza della nuova struttura commerciale, in particolar modo nel periodo dei saldi, si sta facendo sentire soprattutto nelle periferie. Il centro città tutto sommato è salvo, ma solo le arterie commerciali secondarie ad essere a rischio”. Per Confesercenti Milano la questione è semplice e può essere posta solo così: “Se i centri storici non investiranno più in eventi collaterali alla moda, la partita sarà inevitabilmente vinta dai centri commerciali”. A sostenerlo è il presidente della sede milanese dell’associazione, Andrea Painini che aggiunge: “Il baricentro dello shopping si è spostato sull’ultima novità, in questo caso Arese. Non sappiamo quando l’effetto svanirà ma non sarà l’ultimo. Tra alcuni anni sarà la volta di Westfield Milan di Percassi, e immagino l’effetto ‘shopping experience’ a 360 gradi sarà lo stesso. Per fortuna si tratta, almeno per ora, di shopping locale, i turisti non lo hanno ancora inserito nei loro tour. Ma di certo occorre muoversi”. Nel frattempo, anche Il Centro di Arese sta affilando le armi. In programma (ma senza ancora un timing definito) c’è l’ampliamento commerciale della struttura, ma anche un progetto che porta un po’ di estero in Italia. Dopo Dubai, sbarcherà ad Arese la prima pista da sci indoor in Italia. Lunga 350 metri, larga e alta 60, sarà arricchita da un albergo e una zona per la ristorazione. Per il via libera all’investimento (si stimerebbero 65 milioni di euro) dovranno firmare l’accordo (oltre a Regione Lombardia) i Comuni di Arese, Garbagnate Milanese e Lainate. Quando aprirà, la partita con Milano potrebbe segnare un punto definitivo a favore dell’hinterland.
di Milena Bello e Caterina Zanzi