Il salone delle calzature chiude con un incremento delle presenze. Soprattutto grazie ai compratori tedeschi. E intanto ripensa le date per settembre 2017.
Da tempo era allo studio la questione del cambio di date. Adesso, sulla spinta delle richieste di aziende e buyer, theMicam è riuscito a ‘ritardare’ il calendario. La fiera delle calzature,
il prossimo anno, non si svolgerà più dall’8 all’11 settembre, ma dal 17 al 20 settembre, giorno d’inizio della fashion week milanese. Un cambiamento di date molto significativo, che riporta il salone vicino agli eventi della moda, senza più confinarlo ai primi di settembre o, addirittura, alla fine di agosto. Ad annunciare l’avvenuta modifica è stata Annarita Pilotti, presidente di Assocalzaturifici e di theMicam, alla vigilia del salone, la cui 82esima edizione si è tenuta a Rho Fiera Milano dal 3 al 6 settembre scorsi. “Gli espositori ce lo chiedevano da tempo – spiega a Pambianco Magazine Tommaso Cancellara, direttore dell’associazione dei calzaturieri – e, complice anche l’ottimo lavoro che abbiamo fatto insieme al Mise, che ci ha chiamati a sederci attorno al tavolo della moda, ci è sembrato naturale allinearci. Da sottolineare anche gli sforzi di Fiera Milano che, pur non avendo spazio in agenda in quel periodo, ha saputo trovarlo per la nostra manifestazione, rivedendo completamente il proprio calendario. Questa è la data perfetta, e mi auguro lo sia anche per Mipel: i due saloni, insieme, sono vincenti e per questo auspico che rimangano contingenti”. La fiera della pelletteria, che da sempre si svolge in concomitanza con quella delle calzature, ha fatto sapere che, anche nel suo caso, “le date sono verosimili”, nonostante siano attese alcune riunioni tra i vertici dei due saloni che renderanno la decisione definitiva.
I NUMERI DELLE FIERE
Per quanto riguarda l’ultima edizione estiva, theMicam l’ha chiusa registrando 44.668 presenze (di cui 26.543 estere, +8,4%) certificate attraverso un nuovo sistema di rilevazione richiesto dal Mise. Lo scorso settembre, gli ingressi erano stati 30.801. In pole position la Germania che registra un aumento del 27%, complice il rallentamento della fiera nazionale dedicata alle calzature, Gds. “La Germania è ancora la locomotiva d’Europa e, a confermarlo, oltre i dati di presenza, sono anche i numeri relativi all’export”, sottolinea Cancellara. Altre ottime performance arrivano dai Paesi asiatici con la Corea del Sud in crescita del 37% e la Cina del 30 per cento. L’edizione numero 110 di Mipel, invece, si è chiusa con 9.306 buyer intervenuti (equamente suddivisi tra compratori italiani ed esteri), in tenuta (-0,3%) rispetto ai 9.336 dell’edizione precedente.
I DATI DI SETTORE
Per quanto riguarda i dati di settore, il primo semestre del 2016 ha confermato una situazione complessa, con un calo del 2% in volume sulla prima metà del 2015 e il numero degli addetti che si riduce dello 0,2 per cento.
Le cifre diffuse da Istat relative all’export italiano di calzature nei primi 5 mesi 2016 mostrano una leggera contrazione in volume (-0,7%), accompagnata da un +4,1% in valore, con prezzi medi in aumento del +4,8 per cento. Relativamente alle aree geografiche di destinazione, tiene nel complesso la Ue28, dove l’Italia vende sette scarpe su dieci esportate: -0,7% in volume, malgrado il -5,7% della Francia. Lieve aumento in Germania (+2,5%) e recupero a due cifre nei Paesi Bassi (+15,3%). Stabile nelle quantità (ma il periodo di riferimento è pre-Brexit) il Regno Unito, quarto nostro mercato per numero di paia. I Paesi extra-UE, che dopo il crollo degli scambi del 2009 erano stati il traino del settore, segnano il passo, registrando variazioni dei flussi identiche a quelle comunitarie (-0,7% in volume e +4,1% in valore).
Diversi gli elementi economici e geopolitici che hanno frenato la domanda: dalla crisi sui mercati ex-sovietici, in cui forse ora è stato raggiunto il fondo, al rallentamento dell’espansione nel Far East, cui si è aggiunta da ultimo la frenata negli Usa (non inattesa, ma non per questo poco impattante, considerata l’importanza del mercato americano per le vendite dei prodotti Made in Italy) e in Medio Oriente.
di Caterina Zanzi