Firenze presenta una delle edizioni più roboanti. Eppure, il segmento della moda maschile attraversa un momento non certo facile. Con Milano in netta difficoltà.
Firenze e Milano. Pitti Immagine Uomo e Milano Moda Uomo. Sono le due facce della moda uomo nazionale. Contrapposte per quanto riguarda i risultati in termini di affermazione e richiamo. Ma allineate negli effetti della crisi di identità che la moda uomo attraversa da tempo: Firenze e Milano subiscono la sempre meno delineata separazione tra i business di genere, e la conseguente sparizione delle bandiere maschili. Alla situazione strutturale, si aggiunga la necessità di rivedere (accelerare) le strategie commerciali, dunque la progressiva affermazione dell’idea di ‘sfilata unica’, con l’uomo assorbito dalle passerelle donna. Tutto questo ha pesato in modo evidente sulla edizione in arrivo della settimana della moda maschile milanese, complice anche una serie di cambi alle direzioni stilistiche che ha richiesto il rinvio di alcuni progetti. Per contro, la crisi identitaria dell’uomo non sembra incidere sullo splendore di Pitti che, quest’anno, si presenta con una serie di iniziative senza precedenti, e che non vede intaccato il proprio smalto. Anzi. La fiera fiorentina sembra aver definitivamente superato l’identificazione con il prodotto (o il genere) sottostanti, per diventare un brand tout court, capace di imporsi (e di richiamare) a prescindere dalle evoluzioni strutturali o congiunturali. Detto ciò, anche a Firenze, gli effetti della crisi di genere sono tangibili. Lo si evince dall’analisi di Pambianco Strategie di Impresa su chi espone quest’anno a Firenze. I risultati dicono che i principali gruppi presenti a Pitti non sono le aziende che hanno fatto della moda maschile una bandiera, ma sono imprese trasversali per genere e prodotto (uomo e donna; abbigliamento e calzature), e anche per posizionamento (dallo sportswear al lusso). Non solo. L’eterogeneità spicca anche dal punto di vista dimensionale, visto che, salvo poche aziende con fatturati a tre cifre, si scende rapidamente nella dimensione della piccola e media impresa. Insomma, il contenuto di Pitti è vasto e variegato. Ciò che lo rende distintivo, è sempre più il contenitore. congiuntura difficile Nel 2015, secondo i dati del Centro Studi di Sistema Moda Italia, l’export ha continuato a crescere: +3,1% a 5,75 miliardi (+2,4% l’outerwear; + 5% la maglieria e +3,4% la camiceria), facendo meglio anche della moda in generale. Ma il passo è rallentato rispetto al 2014 (+4,8% a 5,57 miliardi). Una chiave di lettura preoccupante riguarda anche l’import. I flussi sono consistenti: nel 2014 segnavano +10,3%, e nel 2015 hanno segnato +8 per cento. Il punto è il livello qualitativo di ciò che entra: nel 2015, Cina, Bangladesh e Romania hanno confermato il loro ruolo di primi Paesi fornitori per il tessile-moda maschile.
DEFEZIONI IN PASSERELLA
Ma le questioni che toccano Milano vanno oltre i dati statistici. Il calendandario perde diverse sfilate e raccoglie una manciata di new entry. Gli assenti confermati all’ombra della Madonnina sono Antonio Marras, Bottega Veneta, Calvin Klein, Ermenegildo Zegna, N°21, Damir Doma, Costume National, Brioni, Corneliani e Lucio Vanotti (quest’ultimo in trasferta a Pitti Uomo come protagonista di Pitti Italics) cui si aggiunge Roberto Cavalli che dovrebbe però allestire una presentazione. Le sfilate maschili pagano, appunto, una combinazione di fattori contingenti e strutturali. Negli ultimi mesi, infatti, molte griffe hanno annunciato l’arrivo di un nuovo head allo stile, portavoce di una svolta creativa che deve trovare una sua definizione prima di poter approdare in pedana. In altri casi è una nuova proprietà a incidere sulle scelte dei brand, talvolta con strategie di business che corrono ai ripari rispetto al mancato decollo della linea uomo. A questi fattori si aggiunge l’aspetto strutturale dell’unificazione delle sfilate uomo e donna, sulla scia del format lanciato da Burberry, Tom Ford e Gucci, che vede i brand ricercare formule differenti dall’evento-passerella come interpretato fino a oggi, sacrificando i giorni del menswear alla maggiore visibilità di cui godono le fashion week femminili. “Il fashion system – ha dichiarato in una nota ufficiale Carlo Capasa, presidente della Camera Nazionale della Moda Italiana – sta attraversando un momento di profondi cambiamenti, una grande energia positiva e voglia di sperimentare spingono i brand a ricercare strade innovative per raccontare con nuove modalità la propria identità e visione”. La Camera professa ottimismo, e rilancia con ‘Crafting the future of fashion’, il primo summit internazionale di Cnmi, focalizzato, appunto, “sui temi al centro del dibattito internazionale: calendari, sostenibilità, giovani e digital”.
PITTI FA NOVANTA
Tutta un’altra musica per la fiera fiorentina. L’appuntamento dedicato alle collezioni primavera/estate 2017 si apre all’insegna di un numero crescente di espositori e di uno schedule dall’appeal internazionale, con il debutto di Fausto Puglisi nel menswear, l’approdo in Italia del creativo russo Gosha Rubchinskiy e dell’etichetta giapponese Visvim, passando per il ritorno a Firenze di Raf Simons, lo show di Lucio Vanotti e l’exhibition «Karl Lagerfeld-Visions of fashion», dedicata alla carriera fotografica dello stilista tedesco. Pitti Uomo 90 ospita 1.219 brand, dei quali 536 provenienti dall’estero (il 44% del totale). La precedente edizione estiva, quella tra il 16 e il 19 giugno 2015, era partita con 1.178 marchi (a gennaio 2016, invece, erano già stati superati i 1.200 marchi). Più di 20mila i compratori attesi, dei quali 8.200 buyer esteri. In prima linea anche il Governo. I saloni estivi di Pitti del resto beneficiano, attraverso il centro di Firenze per la moda italiana, del contributo economico e promozionale da parte del Ministero dello Sviluppo Economico e di Agenzia Ice. Alla cerimonia di inaugurazione del salone, il prossimo 14 giugno, sono attesi il neo ministro del Mise Carlo Calenda, già presente all’apertura di Pitti Uomo 87, il sottosegretario Ivan Scalfarotto e il nuovo presidente di Confindustria Vincenzo Boccia.
LE AZIENDE PRESENTI
Ma a Firenze, ormai, tutto luccica a prescindere dall’oro. Una selezione delle maggiori aziende presenti a Pitti, infatti, conferma l’eterogeneità di dimensioni, posizionamento e offerta degli espositori della fiera, che perde così la connotazione di punto vetrina di riferimento del solo formale maschile, per abbracciare marchi di total look, aziende monoprodotto, griffe uomo e donna. “Da diversi anni – ha raccontato a Pambianco Magazine Raffaello Napoleone, amministratore delegato di Pitti Immagine – Pitti Immagine Uomo offre una panoramica completa sull’universo della moda maschile, includendo grandi aziende e realtà artigianali, e inquadrando le nuove tendenze. Pitti è un appuntamento imprescindibile per chi vuole capire come si stia muovendo il settore. Non è una novità, per esempio, la crescita dello sportswear, segmento che ha portato inoltre a contaminazioni tra l’offerta maschile e quella femminile, che alcune aziende portano in stand”. I tre maggiori player presenti in fiera sono quotati in Borsa. Si tratta di Geox, il cui fatturato nel 2015 è cresciuto del 6,1% a 874 milioni di euro, BasicNet, che ha toccato i 731 milioni di euro in progressione del 17,2%, e Brunello Cucinelli, il cui turnover è aumentato del 16,3% a 414 milioni. A registrare la maggiore percentuale di crescita dei ricavi sono BasicNet, che ha segnato un +17,2% da 623 a 731 milioni, e Diadora, il cui fatturato è aumentato del 16,4% da 114 a 133 milioni.