Pitti Uomo è ormai un luogo in cui si deve essere per intercettare il popolo della moda e imporsi sul mercato. Al di là delle sfilate. Anzi, in convivenza con Milano.
L a moda maschile non è più solo passerelle. Sono sempre di più le fiere di settore a svolgere un ruolo strategico. E, in questo scenario, i buyer contattati da Pambianco Magazine hanno confermato il posizionamento innovativo di Pitti Immagine Uomo, al punto da diventare uno status: essere a Firenze diventa una questione di standing. Quando esserci è un dovere Il primo motivo per cui si deve essere a Pitti è perché, se si lavora nella macchina della moda, non si può e non si deve mancare: la fiera, ormai, è diventata un ingranaggio che fa muovere il sistema. Punto di forza del salone è la capacità di racchiudere, per qualche giorno, il popolo della moda su un’unica piazza: “Pitti è sempre stato e continuerà a essere importante per il risalto dato ai marchi emergenti, ma anche per il fatto che chi lavora nel settore non può non parteciparvi – ha dichiarato a Pambianco Magazine Giuseppe Ramonda, titolare di Sorelle Ramonda –. È l’occasione per portare avanti o stringere nuovi contatti, conoscere realtà inedite e annusare l’andamento del settore”. Nelle ultime edizioni, Pitti ha saputo rinnovarsi sotto tutti gli aspetti, sia dal punto di vista espositivo sia da quello delle proposte: “Negli ultimi anni si è verificata una notevole selezione e le aziende che si rivolgono a un pubblico internazionale vogliono essere a Pitti perché solo qui, a livello fieristico, c’è una proposta di così ampio respiro”, ha commentato Vinicio Ravagnani, titolare dei concept store Vinicio. Un’evoluzione dovuta agli sforzi di ‘rappresentatività’ fatti dal management della fiera, ha sottolineato Federico Giglio, titolare del gruppo Giglio, che ha saputo “centralizzare l’uomo a Pitti: ora, al salone, si può dire che sia presente circa l’80% delle proposte maschili che non puntano sulle passerelle”. Emerge, inoltre, quanto Pitti possa essere considerato la cartina di tornasole della voglia di rivalsa di un intero settore: “è palpabile quanto le piccole e medie imprese presenti abbiano voglia di investire in Pitti per cercare il proprio spazio nel mercato – ha continuato Ravagnani –. In questo senso, è una buona occasione per farsi conoscere e per iniziare nuove connessioni commerciali”. C’è, quindi, la voglia di mettere sul mercato un’offerta di alto livello, capace di attrarre il gusto di buyer nazionali e internazionali. Nonostante la crisi, infatti, il pubblico e gli addetti ai lavori sono sempre più esigenti e, perciò, la tipologia di prodotto proposto ha dovuto innalzarsi di livello, contestualmente anche alla positiva evoluzione della fiera. Si può dire che Pitti sia diventato un marchio a sé stante, uno status da raggiungere se si vuole essere compresi nelle logiche della moda.

DA UNA PARTE O DALL’ALTRA
Ma anche lo ‘status’ ha le sue logiche. “è un palcoscenico importante – ha sottolineato Ramonda – per le imprese di medie e piccole dimensioni, oltre a essere un punto di riferimento per il settore per fare network”. Le grandi aziende, infatti, continuano a cercare le sfilate (a Milano o altrove). Da qui, l’offerta merceologica differente rispetto a quella delle grandi griffe protagoniste delle passerelle. La settimana milanese della moda maschile, nonostante le numerose defezioni degli ultimi tempi, resta il luogo in cui intercettare le proposte delle prime linee. Per gli addetti ai lavori, quindi, non ci sarebbe al momento una diretta concorrenza tra Firenze e Milano, ma piuttosto la volontà di fare sinergia per poter dare risalto a tutte le sfaccettature che compongono la moda maschile: “Sono importanti tutte e due: sia Pitti sia Milano – ha continuato Ravagnani –. Dipende dal posizionamento dell’etichetta. Per la prima linea il palco restano la passerella e lo showroom, ma per noi è importante andare a Pitti per cercare proposte commerciali e di alto livello per creare un buon mix con la moda da passerella”. Perciò, la fiera diventa un elemento chiave per l’offerta di un buyer: “Pitti è sempre stato importante per l’uomo, che sia classico o sportswear – ha concluso Giglio –. Tutti i marchi che non sfilano a Milano devono essere a Pitti per imporsi sul mercato”.