L’edizione 2016 del salone dell’orologeria e della gioelleria chiude con un calo delle visite (-3%), ma con il favore dei media (+2,3%). Ed esprime ottimismo e voglia di trasformare le sfide in opportunità.
L’edizione 2016 di Baselworld, conclusa il 24 marzo dopo otto giorni di manifestazione, registra un segno negativo nelle visite, ma evidenzia ottimismo “costruttivo”. Al salone erano presenti 1.500 marchi di orologeria, gioielleria, pietre preziose e perle, ma anche i macchinari e i fornitori. La fiera, che ogni anno genera 2 miliardi di franchi svizzeri di risultati economici con circa 13mila impieghi direttamente connessi, ha attirato 145mila partecipanti provenienti da 100 Paesi, tra rappresentanti dei marchi espositori, rivenditori e visitatori. Quest’ultimi, rispetto al 2015, hanno registrato un calo del 3 per cento. I giornalisti presenti, invece, erano circa 4.400 (+2,3% rispetto al 2015) ed erano provenienti da 70 Paesi diversi. “I riscontri positivi, le opportunità commerciali straordinarie e l’enorme interesse manifestato dalla stampa nei nostri confronti – ha dichiarato in una nota Eric Bertrand, presidente del Comitato degli espositori di Baselworld – ci incoraggiano e ci indirizzano verso una strada particolarmente costruttiva”. La prossima edizione di Baselworld, che ha tutti i presupposti per essere nuovamente un punto di riferimento per il comparto, si svolgerà dal 23 al 30 marzo 2017.
LANCETTE OLTRE LA CRISI
Sylvie Ritter, managing director di Baselworld, durante la conferenza stampa di apertura della fiera aveva ammesso l’incertezza che serpeggiava tra gli espositori, principalmente tra le piccole e medie imprese. Evidenziando, comunque, che la quasi totalità degli espositori dell’anno precedente sarebbe stata presente: “Hanno fiducia nella fiera e sanno che intendiamo rafforzare il ruolo di leader assegnato a Baselworld”. Tuttavia, le incertezze del contesto sono rimaste. L’industria orologiera, nel corso del 2015, ha infatti subito un calo delle esportazioni di orologi svizzeri pari al 3,3 per cento. Secondo quanto riportato da Bloomberg, si tratta del primo segno negativo sull’anno da sei esercizi a questa parte. In dicembre, l’export totale dell’orologeria ha segnato un calo del 3,8 per cento. Certo, Hong Kong, sul mese, ha pesato parecchio (-21,1%). Ma a incidere sono fattori più generali: il momento critico per l’economia cinese, il franco svizzero, il deprezzamento del rublo, oltre alle tensioni in Medio Oriente e al terrorismo internazionale. Nonostante queste prospettive, tra gli addetti ai lavori si respira comunque un senso di speranza, di fiducia nel futuro e, più di ogni altra cosa, si cercano ‘ricette’ per fronteggiare la crisi del comparto. “L’orologeria, così come la gioielleria, fanno parte dell’uomo – ha commentato a Pambianco Magazine Roberto Beccari, direttore generale Tag Heuer Italia e AD Lvmh Watch & Jewelry Italy –. Non si parla solo di accessori, si parla di cose che fanno parte della nostra vita quotidiana e che pulsano dentro di noi. Probabilmente cambieranno i codici di comunicazione, le funzionalità, a lungo termine ci sarà anche un maggiore connubio con la tecnologia, ma non vedo male il mercato dell’orologeria. Ci sarà un maggiore sviluppo del design e c’è da considerare che il mercato femminile è ancora tutto da sviluppare”. Lo stile e l’aspetto qualitativo di un prodotto sono l’ancora da gettare per rimanere stabili (o, nel migliore dei casi, per crescere) in acque agitate: “La qualità intrinseca dei prodotti resta sempre un punto centrale – ha osservato Andrea Marini, responsabile comunicazione Rolex Italia –. Il futuro dell’orologeria è difficile da prevedere di questi tempi. Il mondo è molto volubile, ma siamo convinti che la qualità dei nostri prodotti e il percepito che il mercato e la clientela danno sarà la chiave vincente anche nel futuro. Per il 2016 non è facile fare previsioni, l’orologeria svizzera è in leggera contrazione, ma Rolex, nello specifico, continua con i risultati ormai raggiunti da alcuni anni e pensiamo che le nuove proposte della collezione ci aiuteranno molto a intercettare il gusto della nostra clientela”. C’è anche chi è più esplicito sulle difficoltà per il 2016. “Abbiamo avuto un 2015 ancora con un segno positivo aiutati dall’afflusso della clientela asiatica e, per quanto riguarda la città di Milano, anche dal fattore Expo – ha dichiarato Laura Gervasoni, direttore generale di Patek Philippe Italia –. Prevedo un 2016 piuttosto difficile, ma il marchio è comunque molto forte e molto apprezzato grazie alla sua qualità intrinseca”. Il superamento della crisi, quindi, passa per il design, le caratteristiche di un prodotto, i valori di un’azienda ma anche per la comunicazione. “I nostri obiettivi di crescita passano dalla nostra scelta di comunicazione – ha commentato Lucia Carbonato, direttore marketing di Festina Italia –. Abbiamo arruolato l’attore Gerard Butler come nostro nuovo brand ambassador e il nostro obiettivo, tramite questa operazione, è quello di raggiungere mercati internazionali e di aumentare la brand awareness di Festina”.

GIOIELLI PIÙ CORAZZATI
Per la gioielleria suona un’altra musica. Il settore dei preziosi soffre meno di quello delle lancette svizzere la situazione economica. “La gioielleria, rispetto all’orologeria svizzera per cui la Cina era diventata un mercato importante e che ha subito una frenata a causa delle leggi anticorruzione e di un rallentamento della crescita, sta soffrendo meno questa situazione – ha osservato Guido Grassi Damiani, presidente del Gruppo Damiani –. È una categoria meno matura nei mercati internazionali e quindi crediamo che ci siano sempre più Paesi che, avendo guadagnato un potere economico, possano considerare la gioielleria come un bene di consumo non solo circoscritto a eventi eccezionali”.

SMARTWATCH, TEMUTA OPPORTUNITÀ
Se le maison di alta orologeria elvetica, da una parte, esprimono la volontà di affermarsi sul mercato rafforzando i propri valori e i loro dna stilistici, dall’altra l’avvento dello smartwatch non ha lasciato indifferenti. In un mondo sempre più attento alle nuove proposte del mercato, e visto l’andamento dell’orologeria, viene da chiedersi se gli smartwatch possano essere considerati come un reale competitor delle lancette svizzere, con tutte le potenzialità per aggiudicarsi un’importante fetta del mercato: i giovani. Target più adatto a questo prodotto. Lo sa bene Beccari: “Il Connected di Tag Heuer (che dovrebbe arrivare in Italia tra giugno e luglio, ndr) – ha spiegato – è stato pensato per far avvicinare i giovani al mondo dell’orologeria. Non si tratta di uno smartwatch inteso in senso stretto: è tecnologico e connesso, ma si presenta come un orologio a tutti gli effetti. È il punto di contatto tra la tradizione elvetica e la tecnologia: si è costituito un nuovo segmento capace di creare un legame tra l’orologeria classica e le proposte contemporanee”. La risposta data dalle maison a questo fenomeno è che gli smartwatch non possono essere considerati come un competitor diretto dell’orologeria classica e, come ha sottolineato Gervasoni, “sono da intendersi più come ‘oggetti-gioco’, utilizzati più per divertimento e per avere delle funzioni che l’orologeria classica non fornisce”. Ma, al contempo, possono rappresentare un’opportunità interessante per risollevare le sorti del settore.
Letizia Redaelli