Crescere non basta più. Occorre farlo con maggiore qualità. Sul fronte distributivo, incrementando la produttività. Sul fronte societario, legandosi al partner giusto (fondi o Borsa) al momento giusto. Mentre le strategie si differenziano a seconda del segmento. Dal ventesimo Convegno Pambianco arriva l’impegno per un cambio di passo di sistema (Governo incluso).
Se è il momento delle scelte, le alternative sul tavolo sono chiare. E richiedono un cambio di mentalità piuttosto profondo. A partire dal rovesciamento di paradigma strategico, con il focus che passa dalla crescita alla produttività, e la conseguente necessità di affrontare in maniera nuova lo scalino della distribuzione, risolvendo gli ostacoli immobiliari e logistici, e spingendo sulla soluzione digitale. Prendendo atto che il confronto è inesorabilmente con la domanda internazionale, dove spazi convincenti si aprono nel segmento ‘accessibile’, e che mercato si muove ormai senza frontiere, e va intercettato (o, forse, ingaggiato) con politiche di sistema, a cominciare da quello della sostenibilità, indicato come sfida del lusso di domani. Il ventesimo Convegno Pambianco, organizzato quest’anno con Deutsche Bank, lo scorso venerdì 13 novembre in Borsa Italiana, ha proposto un’analisi a vasto raggio dello scenario attuale, e si è concluso con l’importante annuncio del viceministro Carlo Calenda che ha ufficializzato la presenza del premier Matteo Renzi all’inaugurazione delle prossime sfilate milanesi, il 24 febbraio 2016. Per approfondire il tema dell’evento, “Moda&Lusso: il momento delle scelte”, sono stati coinvolti, come consuetudine, alcuni tra i principali imprenditori del panorama nazionale (vedi le due tavole rotonde nelle pagine che seguono), e sono stati intervistati dal conduttore Enrico Mentana i manager protagonisti delle storie più attuali di rilancio societario: Gian Giacomo Ferraris (amministratore delegato di Versace), Marco Boglione (presidente di BasicNet) e Stefano Beraldo (amministratore delegato di Ovs). Uno dei face-to-face, inoltre, ha portato sul palco Luca Colombo, il country manager di Facebook Italia, a sottolineare quanto le ‘scelte’ non possano prescindere dagli aspetti social.

PRIMATO GLOBALE E SOSTENIBILE
L’importanza di un cambio di marcia è stato subito indicato dagli interventi istituzionali. “Gli oltre 500 registrati per la giornata di oggi – ha esordito Flavio Valeri, chief country officer Italy di Deutsche Bank – sono un segnale importante”. Il manager ha ricordato le posizioni da primato dell’Italia tra i mercati mondiali, per evidenziare la forza di un settore “che spesso viene dimenticata”, e che viceversa va sostenuta nella sua battaglia internazionale. Poi è stata la volta di Carlo Capasa, per la prima volta sul palco del Convegno Pambianco nelle vesti di presidente di Camera nazionale della moda, al posto dell’applaudito Mario Boselli che è stato ospite fisso e alfiere dell’evento praticamente dagli esordi. Capasa ha ufficializzato una sorta di svolta per l’ente milanese, parlando di una sola e unica cosa: sostenibilità. Di fronte al gotha di un settore non sempre attento a questo tema, ha esordito spiegando di “aver messo la sostenibilità al centro del nostro programma. Perché questa è una delle sfide più moderne per il lusso”. Il presidente di Cnmi ha spiegato che anche il consumatore di fascia alta, nel 13% dei casi comincia a essere guidato dalla sostenibilità nelle proprie scelte d’acquisto. Di conseguenza, Cnmi ha riunito attorno a un tavolo i dieci principali brand del settore (tra cui Armani, Gucci, Prada, Loro Piana e Ferragamo) per tracciare un percorso concreto di sostenibilità della moda. Il primo step è stato quello di individuare, assieme anche a Federchimica, una griglia di 500 sostanze per le quali fissare gli standard utilizzabili nell’abbigliamento e nei tessuti. Capasa ha parlato poi di sostenibilità nel territorio in cui opera l’azienda. E, in prospettiva, ha menzionato obiettivi di sostenibilità sociale. Claudio Marenzi, presidente di Sistema moda Italia, impegnata assieme a Cnmi sul progetto della sostenibilità, ha appoggiato Capasa: “Stiamo lavorando molto su questo tema – ha esordito – ma è importante sottolineare che la sostenibilità costa”. Il messaggio è ai soggetti a valle, i quali possono giocarsi sul mercato l’upgrade dei processi produttivi, ma devono riconoscerlo anche alla filiera. Marenzi ha parlato poi di altri progetti a favore del sistema. Tra questi, “il nostro cavallo di battaglia in Europa – ha sottolineato – è l’adozione del ‘made in’”. Fino a oggi, i tedeschi hanno remato contro, ma “adesso, dopo il caso Volkswagen, si sono ammorbiditi e ci sono meno resistenze”.

FOCUS SULLA PRODUTTIVITÀ
Una svolta di direzione sul piano strategico l’ha suggerita anche Francesca Di Pasquantonio, Head of global luxury research di Deutsche Bank, presentando un’analisi del cambiamento di focus da “crescita a produttività”. La tesi della riflessione è che, guardando all’ultimo decennio, si è assistito a un tasso di sviluppo accelerato della rete di distribuzione, consentito da un progressivo aumento dei prezzi e dal proporsi di nuovi mercati. Tuttavia, Di Pasquantonio rileva come molti gruppi siano giunti a livelli di saturazione, effetto combinato di più fattori: investimenti ormai al limite, a fronte di un effetto sovrapposizione. La resa dei nuovi negozi non solo è inferiore a quelle precedenti, ma comincia a incidere sulla rete esistente. Il risultato è che, nel 2014-15, anche per effetto del rallentamento globale della domanda, si sia ridotto sensibilimente il fatturato medio per negozio (a parità di tassi di cambio). Questa combinazione di situazioni, è la conclusione di Deutsche Bank, porterà a focalizzarsi su una migliore resa della rete esistente. Da qui l’importanza crescente dei modelli di customer relationship management (Crm) che “devono essere al centro della strategia per affrontare le sfide e rilanciare la produttività”. Modelli che devono includere lo sviluppo dei canali online e, di nuovo, un approccio alla “sostenibilità di tutta la catena del valore come elemento chiave per il posizionamento nel settore del lusso”. attenzione a cambi e posizionamento Per comprendere le scelte future, non si può prescindere da un’analisi dei consumatori futuri. Interessante, a questo proposito, lo spaccato offerto da Sara Bernabè, country manager Italia di Premier Tax Free, società attiva nel servizi di rimborso dell’Iva ai turisti internazionali. Secondo le elaborazioni del gruppo, è emerso che “a guidare lo scopping internazionale è il cambio tra le valute, più che gli eventi come l’Expo”. Quest’ultimo, infatti, ha sì attirato più stranieri a Milano, ma “non ha trainato più di tanto le spese nel capoluogo lombardo”. E si prevede che anche il Giubileo non avrà un grande peso. L’evoluzione dei consumi, peraltro, inciderà in maniera differente a seconda del posizionamento dell’azienda. David Pambianco, vicepresidente di Pambianco Strategie di Impresa, ha invitato a ragionare su tre ambiti di sviluppo: quello del lusso (“crescita nel lungo periodo perché sconta le crescite della ricchezza nei mercati emergenti”); quello del lusso accessibile (“crescita nel lungo periodo perché, oltre a essere il vero lusso nei mercati occidentali, per ragioni di pricing, ha spazi che si creano nei Paesi emergenti, mano a mano che cresce il ceto alto e medio-alto”); quello del retail (“grandi prospettive di crescita per la tendenza di ‘democratizzazione del bello’”). Questi tre segmenti di mercato hanno le proprie sfide. In termini trasversali, c’è quella del confronto internazionale e con mercati sempre più dinamici. Cosa che impone una crescita dimensionale (il gap con i gruppi esteri è massimo per ‘lusso accessibile’ e ‘retail’) e uno sforzo nella relazione col cliente (attraverso Crm e digitale, principalmente per il ‘lusso’).
SFILATE CON IL PREMIER
In vista delle sfide 2016, intanto, dal convegno è arrivato un segnale forte da parte del Governo. “Il prossimo 24 febbraio, il premier Matteo Renzi sarà all’inaugurazione delle sfilate di Milano”, ha annunciato il viceministro allo Sviluppo economico Carlo Calenda, collegato in videoconferenza da Roma. “La moda sinora ha risentito anche di una forma di snobismo – ha aggiunto – e la politica ha mantenuto una certa distanza. Ma la moda è una grandissima industria, per giunta di natura culturale. Perciò il Governo deve fare in Italia tanto quanto David Cameron ha fatto per Londra e François Hollande per Parigi”. Il viceministro ha fatto il punto sui progetti del Governo per il sistema, soprattutto per “quei marchi che sono ottimi, fatturano tra 50 e 150 milioni di euro, ma spesso non arrivano sui mercati in maniera strutturata”. In particolare, in occasione dell’inaugurazione delle sfilate del prossimo febbraio, “il Governo presenterà un piano” per favorire un coordinamento che allinei l’Italia altri Paesi, “dove tutto è più centralizzato, in termini di gestione delle sinergie, di calendario, di fiere e rapporti con i buyer”. Il piano prevede due ordini di azioni. La prima è la “costruzione di un board – ha proseguito Calenda – che, come nel Regno Unito, metta assieme l’industria, le rappresentanze della moda (di Milano, Firenze e Roma), i grandi marchi e il monte della filiera. Dovrà essere una sorta di steering committee per decidere le strategie anno per anno, per trovare sinergie lungo la filiera e individuare cosa chiedere al governo”. La seconda azione è “concentrare nei giorni delle sfilate di Milano – ha aggiunto – anche le attività delle fiere del tessile e degli accessori”. Queste manifestazioni hanno spazio per recuperare rispetto alla Francia. “Dobbiamo legare e collegare le sfilate e il monte della filiera. L’Italia ha un valore competitivo unico: aver mantenuto la produzione nel proprio sistema. I due mondi devono riprendere a parlarsi”. Calenda ha anche annunciato che proseguirà l’attività del Governo per favorire gli accordi delle pmi con la grande distribuzione degli Stati Uniti (Neiman Marcus, Saks Fifth Avenue e Nordstrom) , “per raggiungere l’America profonda”.
di Luca Testoni