Nelle settimane che precedono la fashion week, un gesto accomuna i buyer, gli stylist e i giornalisti di moda: l’apertura dell’invito. Non è solo curiosità, ma un rituale che merita di essere identificato con un neologismo: kaleomanzia, l’arte divinatoria di presagire (manzia) le caratteristiche salienti della collezione (a cui si è stati invitati) mediante la lettura dei segni del cartoncino (kaleo).
Trovare le affinità
“Interpretare l’invito e fantasticare su ciò che verrà mostrato durante la sfilata” è la regola anche per Letizia Schätzinger, fashion director di D la Repubblica. Il primo step per acquisire questa abilità è analizzare l’invito e cercare le affinità nei look della collezione corrispondente.
Si prenda come esempio l’invito e la collezione menswear Diesel Black Gold dell’autunno/inverno 2014-15 presentata all’86° Pitti Immagine Uomo di Firenze.
L’invito è pulito (1), ma si fa notare per dimensione e peso (2). Una grande busta nera con il solo logo del brand impresso e verniciato. All’interno, un cartoncino nero opaco (3) spessore 3mm, lungo 26 cm e largo 11 cm. Sul lato A la scritta Diesel Black Gold in vernice nera (4); sul lato B una placca di metallo specchiato (5) 24×9 cm, scritte in serigrafia trasparente con percentuale di nero. Vediamo le affinità trovate nei look della collezione Diesel. Le altre cercatele voi.
– 1a affinità. Il tailoring è pulito e classico con diversi capi del guardaroba maschile vivacizzati da borchie e spille di metallo.
– 2a affinità. La sfilata è grandiosa sia per lunghezza della passerella – circa 2/3 della Stazione Leopolda – sia per numero di look proposti.
– 3a e 4a affinità. Il colore dominate è il nero: tradizionale nei tessuti, lucido nella pelle.
– 5a affinità. I materiali chiave della collezione Diesel Black Gold hanno trattamenti rivoluzionari: la pelle è presentata in argento specchiato e toni canna di fucile; il denim laccato ha l’effetto del vinile.
Il cartoncino, senza dubbio, ha saputo condensare nel suo layout il Dna della collezione. Mutuando una regola dalla letteratura, “show, don’t tell” l’invito ha mostrato senza dire.
Ricordi, opere d’arte, feticci
Il cartoncino, come la mano, racconta il passato. “Amo l’invito cartaceo perché rimane nel tempo”, afferma Simone Guidarelli, fashion editor di Vanity Fair e Glamour, “lo tengo nella mia bacheca a casa come un ricordo di viaggio. L’invito fa sognare, fa immaginare e quasi mai delude! È come estrarre una scheggia da un sogno (la sfilata) che poi vedrai a breve”. Anche per Stefano Guerrini, docente di moda e fashion editor “l’invito è, vedi Moschino, una piccola opera d’arte sempre connessa alla sfilata e da conservare come un feticcio, ma serve anche a scoraggiare gli imbucati”. Gli inviti di Gucci e Armani, ad esempio, come le impronte digitali di una mano hanno un microchip per identificare l’invitato.
Attenzione ai falsi indizi
Gli stilisti, che sovente in prima persona studiano l’invito, hanno piena consapevolezza di questo rituale fashion. E spesso ci giocano. “Ci sono inviti che fanno fantasticare, soprattuto quelli laconici, vedi Comme des Garçons”, afferma il fashion writer Angelo Flaccavento, “che però danno sempre indizi storti”. Quindi state attenti alla kaleomanzia, come tutte le arti magiche a volte è solo un’illusione.