I segnali sono contrastanti. Ma, nell’alternarsi di indicazioni in chiaro scuro sullo stato di salute della moda made in Italy, inizia a emergere qualche tendenza positiva più stabile, legata a un ritorno di fiducia sulle peculiarità del sistema industriale nazionale. La prima indicazione positiva la si coglie dall’analisi congiunturale presentata da Smi in occasione di questo Pitti Immagine Uomo, dove si segnala che “nel primo trimestre le aziende del Tessile-Moda a campione presentano una crescita del fatturato totale del 3,3%”. Soprattutto, si evidenzia che il risultato riguarda sia i settori a valle sia i settori a monte della filiera, e, per giunta, che il segno “più”, oltre ai mercati esteri, tocca anche la domanda nazionale. L’analisi di questi dati porta poi a riflettere sulla forza strutturale del modello Italia. E cioè sul fatto che, alla base del successo del lusso, non solo nazionale ma mondiale, continui a esserci un sistema di produzione italiano unico, radicato e diffuso sul territorio. Un sistema che la terribile crisi di questi anni ha piegato, ma non spezzato. E, si sa, ciò che non uccide, talvolta, rinforza. Ad appoggiare i numeri sembra esserci un ritorno di fiducia, o comunque una notevole riduzione del pessimismo: sempre dai dati diffusi da Smi, il campione di coloro che si attendono un peggioramento congiunturale si è dimezzato rispetto allo scorso anno (il 14% contro il 30%). Tra le diverse variabili che possono incidere sul mood delle piccole e medie imprese, una va senza dubbio segnalata: la voglia di artigianalità che sta diffondendosi anche nei mercati più nuovi e “giovani”, leggi Cina. Con la conseguenza di riportare prepotentemente il “prodotto” al centro delle strategie, imponendo una svolta di 360 gradi alle politiche di delocalizzazione che sembravano le sole vincenti appena cinque anni fa. Nel dossier proposto in questo numero viene infatti affrontato il fenomeno della rilocalizzazione da parte di tutti i brand del lusso, italiani e non. Oltre a un recupero di occupazione, questi investimenti non potranno che consolidare la filiera, in un ritrovato connubio tra big e pmi che è stato la matrice originaria del successo della moda italiana nel mondo. In estrema sintesi, come ha recentemente detto Sidney Toledano, numero uno di Dior: “Per fare il lusso, serve l’Italia”. E la filiera ha ripreso a respirare.
David Pambianco