Andare in Cina non è più un affare. O meglio, non una garanzia di successo. Lo rivelano in uno studio due società di consulenza, Knight Frank e Woods Bagot, studio riportato dall’agenzia Reuters. L’analisi si focalizza sul trend di aperture di monomarca nel Paese. Ebbene, emerge che lo scorso anno due terzi di retailer di alto livello hanno mancato i loro obiettivi in termini di espansione commerciale. Il rallentamento sembra toccare principalmente il segmento lusso e molto meno la fascia dei brand fast fashion che invece hanno battuto le loro previsioni di crescita. Il motivo va cercato in un mix di elementi. Da una parte il giro di vite del Governo nei confronti dei regali lussuosi come manovra anticorruzione; lo sviluppo della middle class alla ricerca di marchi a prezzi accessibili e la maggiore facilità nell’ottenere i visti per l’estero e di conseguenza la crescente tendenza a fare acquisti all’estero per aggirare il rincaro in Cina dei beni di lusso a causa di ingenti dazi doganali (che può arrivare ad aumentare del 40% il prezzo di un prodotto di lusso).
Nel 2013 sono stati 100 milioni i cinesi che hanno viaggiato all’estero, il 20% in più rispetto all’anno precedente, ed entro il 2020 il numero raddoppierà. Così aprire vetrine nel Paese rischia di diventare una strategia particolarmente onerosa e con inferiori possibilità di ritorno dell’investimento per i top brand che, come ha sottolineato Susanna Leung, senior research di Clsa, società di investimenti dell’area del Pacifico, “anziché aprire tre o quattro negozi in ogni città preferiscono ora inaugurarne uno o due”. Discorso analogo per la parte dei grandi centri shopping. Più di un quarto dei 700 mall, department store e outlet ancora in costruzione nelle trenta più importanti città cinesi, secondo una stima di Cushman & Wakfield, potrebbe non vedere mai la luce generando così una perdita di 150 miliardi di yuan (circa 17 miliardi di euro). Gran parte del nuovo sviluppo commerciale è concentrata nelle città più piccole, dove il reddito medio è più basso e i clienti sono alla ricerca di marchi del mercato di massa. Un sondaggio del China Chain Store & Franchise Association della scorsa primavera ha rivelato che circa la metà dei nuovi progetti continua a focalizzarsi sui principali distretti, mentre un quarto dovrebbe trovare casa nelle zone considerate meno strategiche, ovvero le città di terza o quarta fascia.
L’oculata parcellizzazione delle aperture da parte dei marchi di lusso sta già cambiando il panorama retail cinese. Secondo i dati elaborati da Knight Frank e Woods Bagot l’affitto medio in un shopping center di alto livello nelle città più piccole è diminuito del 2% l’anno scorso mentre il tasso medio di spazi sfitti è salito al 10,9 per cento.