Equilibrio e creatività, tradizione e rinnovamento, colore e geometria. Dopo l’acquisizione Da parte di Kering Brioni rinasce con un nuovo direttore creativo, il primo della sua lunga storia: Brendan Mullane, inglese purosangue ed educato all’alta moda francese ma di casa nel milieu della sartoria tricolore. Ritratto di un ragazzo che farà strada.
Trentasette anni appena compiuti, segno zodiacale Scorpione, solare, ironico, aperto. Brendan Mullane è l’uomo del destino di Brioni. Al creativo londinese la maison romana sinonimo di artigianato col pedigree, nata nella Hollywood sul Tevere degli anni 50 e amata da Obama, Donald Trump, Schwarzenegger e Mandela, ha affidato le redini del suo ufficio stilistico, ma soprattutto le chiavi del suo futuro. La posta in gioco è molto alta: definire la nuova identità estetica di un marchio globale ancorato al classico, ma non allergico a una dosata stravaganza che oggi punta a conquistare una clientela più giovane di età o di pensiero. Con l’obiettivo di entrare a gamba tesa nei nuovi mercati come Russia e Cina, dove presto saranno aperti nuovi monomarca diretti. Se agli esordi il colpo d’ala fu lo smoking colorato in seta cangiante dedicato a un aristocratico rubacuori da esportazione, oggi la scommessa è aggiornare il formale, contaminandolo con i codici dello sportswear, per piacere sempre di più agli artisti, agli architetti e agli intellettuali oltre agli habitué della stanza dei bottoni: statisti di spessore, teste coronate o magnati dell’alta finanza. Non per niente il nuovo corso della maison è stato svelato in anteprima a livello internazionale a Roma nel corso di un evento al Maxxi, la nuova culla dell’arte contemporanea della capitale progettata da Zaha Hadid. Mullane, ex braccio destro di Riccardo Tisci per il menswear di Givenchy, con un passato da Hermès e Louis Vuitton, si racconta a Mood in questa intervista esclusiva.
Può tracciare un identikit del nuovo menswear di Brioni?
Il nuovo look mira a ringiovanire la clientela attirando in atelier i rampolli dei nostri più devoti fan. Il fit sarà più asciutto, le giacche sciancrate preferibilmente doppiopetto e con revers a lancia, si accorceranno di 3 centimetri e saranno più anatomiche. Delle giacche mi interessa scoprire l’anima, costruirle dentro e fuori. Inoltre fra i colori per il prossimo inverno ci sarà molto blu che è il mio prediletto anche abbinato al grigio, e sicuramente non mancheranno le pellicce, come il baby astrakan, che sono la mia passione e con cui ho realizzato anche dei pull a collo alto. L’idea è quella di valorizzare il grande know-how sartoriale di Brioni per dar vita a qualcosa di completamente nuovo: silhouette moderne e architettoniche, dettagli interessanti mutuati dallo sportswear più sontuoso e dagli accessori. Il tutto corredato da un grande studio delle proporzioni per cui ogni singolo capo diventa quasi il risultato di un calcolo pitagorico. E poi mi piace il fatto che le varie divisioni del mondo Brioni, dal formale alla maglieria, passando per la pelletteria, le cravatte e le camicie, possano dialogare fra loro in libertà favorendo un’osmosi fra i rispettivi codici distintivi. Al di là del tuxedo fatto a regola d’arte per cui Brioni è giustamente famoso, c’è tutto un gusto casual chic che è ancora da esplorare. Ma senza stravolgere i canoni della tradizione: il mio compito è infondere contenuti stilistici nuovi e contemporanei in una maison che opera nel business dell’eleganza. Prendiamo la travel jacket degli anni 60: opportunamente modificata può diventare un blouson modernissimo.
Che cosa condivide con questa maison che ha fatto la storia del made in Italy?
La passione per l’artigianato e lo stakanovismo dei suoi sarti, giovani e motivati, che si sono fatti le ossa nella scuola interna all’azienda. è un piacere lavorare con loro. Anch’io ho una formazione tecnica acquisita alla Kingston University di Londra. Ma sono sempre entusiasta all’idea di apprendere tecniche nuove e segreti che prima ignoravo. La prima volta che sono entrato negli archivi di Penne (il quartier generale della sartoria Brioni in Abruzzo ndr.) mi sono sentito come un bambino in un negozio di caramelle. Io e il mio staff siamo una grande famiglia: ci confrontiamo su tutto. Non sono il genere di stilista che si interessa della creatività pura delegando la fase esecutiva e produttiva ai modellisti. Adoro vivere e lavorare in azienda. Questa gente è straordinaria: non ti dicono mai di no e sono galvanizzati dalle difficoltà. E poi mi sento anche un po’ italiano: conosco il vostro metodo di lavoro perché in passato ho avuto contatti frequenti con vari confezionisti italiani di prestigio.
Chi è esattamente l’uomo
di Brioni?
Uno che ha le idee chiare e fila dritto per la sua strada, un uomo di successo che viaggia e sa scegliere, insofferente dei diktat. Uno che usa il tailoring come strumento di seduzione e come fonte di sicurezza, instaurando una relazione molto intima con gli abiti che indossa. In generale amo molto attori come Morgan Freeman e sicuramente Michael Fassbender, capace di scelte controcorrente. Inoltre sono attratto da architetti carismatici come Peter Zumthor e seguo molto artisti come Trisha Donnelly, che lavora su blocchi di marmo italiano, e Rosemarie Trockel, che invece si ispira al movimento “Art and Crafts”
e manipola il legno scuro.
Che musica ascolta?
Mi piace molto Beth Ditto
dei Gossip.
Il suo libro preferito?
“Wild Swans” di Jung Chang.
Il film che ama di più?
“Il colore viola”.
Dove sempre?
A Roma, dove mi trasferirò
a breve.
Dove mai?
Dovunque non ci sia cultura.
di Enrico Maria Albamonte