Non ha scelta il tessile italiano, ”deve guadare verso i Paesi più lontani”. È questo il messaggio lanciato ieri durante il convegno organizzato a Milano da Sistema Moda Italia e Intesa Sanpaolo per discutere come valorizzare il comparto in un momento di crisi. Il problema parte da due dati: nel 2012 i consumi interni di vestiario e abbigliamento sono diminuiti del 10%, mentre i dati di gennaio hanno confermato un’accelerazione dell’export del 18% su gennaio 2012, in particolare verso Cina e Stati Uniti, come ha spiegato Gregorio De Felice, chief economist di Intesa Sanpaolo. Durante la tavola rotonda, è emerso primo fra tutti il problema della pesante ”mano morta” della pubblica amministrazione, come l’ha definita Michele Tronconi, presidente uscente di Sistema Moda Italia. Il quale ha parlato di una disarmante assenza della politica.
Tutti i partecipanti si sono trovati d’accordo con Tronconi sul fatto che la cosa più urgente sia salvaguardare ”la continuità aziendale e l’occupazione – ha osservato il presidente -. Poi viene la tutela del potere di acquisto delle retribuzioni. Questo, oltretutto, nella misura in cui nella singola impresa si riesca a migliorare la produttività e quindi a creare nuova ricchezza”. L’aiuto, però, non deve arrivare solo dalla politica, ma anche dalle banche che, secondo il direttore generale di Intesa Sanpaolo Giuseppe Castagna, possono fare ”accordi utili per spingere le piccole aziende all’internazionalizzazione, segnalando loro dove sono i consumatori attraverso le ricerche di mercato”.
C’è un ultimo punto sul quale il convegno si è concentrato, e cioè la difficoltà delle piccole imprese a promuovere la propria storia, con il rischio che si perda di vista l’immagine del Paese, come ha osservato il presidente e AD di Corneliani Carlalberto Corneliani, perché ”dobbiamo saper vendere all’estero la nostra immagine”, considerando che ”nel prodotto non c’è solo la forza del marchio, ma anche la reputazione del sistema Paese, del nostro passato e della nostra arte”.
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