Svolta nell’inchiesta coordinata dal pm Luca Turco su Richard Ginori, la storica manifattura di porcellane dichiarata fallita il 7 gennaio: l’ex presidente Roberto Villa è indagato dalla Procura di Firenze per bancarotta fraudolenta.
L’ipotesi alla base dell’inchiesta è che Villa abbia provocato il dissesto dell’azienda scindendola in due società differenti, la Ginori 1735 e la Ginori Real Estate, nata per gestire il patrimonio immobiliare della società, e provocandone così un depauperamento.
La società fu messa in liquidazione nel maggio scorso dopo 227 anni di vita e con una forza lavoro di 332 dipendenti, a causa di un debito di 40 milioni. I tre liquidatori — lo stesso Villa, Marco Milanesio e Nicola Lattanzi — si assunsero il compito, attraverso la vendita dell’azienda e la richiesta di concordato preventivo, di evitare il fallimento. Il primo agosto l’attività viene sospesa e i lavoratori vengono messi in cassa integrazione straordinaria.
A novembre il collegio dei liquidatori riceve due offerte di acquisto: la piemontese Arcturus Spa (Sanbonet) e la cordata costituita dalla società americana Lenox Corporation e dalla rumena Apulum (controllata dall’italiana Rodytime). Quest’ultima viene ritenuta la più conveniente. Il piano prevede l’affitto di azienda, con promessa di acquisto di 13 milioni. Ma il piano di salvataggio non va in porto. Il tribunale fallimentare — nei giudici Isabella Mariani, Patrizia Pompei e Silvia Governatori — dichiara inammissibile la domanda di concordato preventivo: i giudici ritengono il contratto di affitto incerto e senza sufficienti garanzie bancarie. Poco solido viene considerato anche il secondo punto del piano che prevede il pagamento dei debiti con l’Erario — 16 milioni — con la cessione allo Stato del Museo di Doccia.
Il tribunale dichiara il fallimento della Richard Ginori e nomina, come curatore fallimentare, il ragionier Andrea Spignoli, già protagonista del salvataggio della Fiorentina di Vittorio Cecchi Gori. Il passivo della Ginori ammonta a 80 milioni di euro, contro un attivo di 50 milioni. E proprio partendo dalla relazione del curatore fallimentare la Procura avvia l’inchiesta sulla strada della bancarotta fraudolenta.