“Il comparto moda calzature italiano attraversa questo momento di grande difficoltà economica internazionale con tante frecce al proprio arco. Ha un potenziale ancora inespresso che è il presupposto per tanti successi nei prossimi anni, almeno tanti quanti sono stati quelli passati. Ma deve sapere dove andare e come usare le potentissime armi a sua disposizione”. Sintetizza con queste parole Cleto Sagripanti, presidente di ANCI, l’Associazione Nazionale Calzaturifici Italiani.
I risultati consuntivi del settore nel 2011 hanno visto l’export crescere del 12,7% in valore e del 3,4% in quantità per un totale di oltre 7,4 miliardi di euro e 229 milioni di paia. “Abbiamo recuperato le quote di esportazione in valore e volume di tre anni addietro in quasi tutti i mercati – prosegue Sagripanti – con le uniche eccezioni dei Paesi dell’Est Europa e CSI – i cui livelli, nonostante la vigorosa ripresa del biennio 2010/2011, risultano ancora inferiori rispetto al 2008 – e del Nord America, che ha però completato il recupero in valore. Complessivamente il raffronto con il 2008 pre-crisi evidenzia un incremento delle vendite estere del 7,8% in valore e del 3,2% in volume”.
Non meno importante è stato il recupero del saldo commerciale, perché in uno scenario in cui è emersa l’Asia orientale nello scacchiere produttivo mondiale, il nostro Paese rimane un esportatore netto con incrementi del saldo commerciale del 10,5% nel 2010 e del 16,4% nel 2011 (contro il calo del 26,2% nel 2009), facendo sì che il comparto moda calzature contribuisca in media più del tessile-abbigliamento o della meccanica qualora si consideri il saldo commerciale per addetto
Segnali negativi giungono ancora una volta dai consumi delle famiglie italiane, che solo grazie all’andamento in controtendenza del mese di marzo limitano la flessione nel primo trimestre all’1,6% in volume, con una quasi analoga flessione in valore rispetto a livelli già negativi del primo trimestre 2011. Tra gli elementi di preoccupazione, non si possono inoltre dimenticare i problemi di liquidità delle aziende, derivanti sia dai ritardi o mancati pagamenti dei clienti sia dalla stretta del credito proveniente dalle banche.