di Manuela Brambati
Analisi Pambianco sui bilanci delle principali società quotate in Italia e all’estero.
Ottime anche le performance di Bottega Veneta, Prada e Tod’s.
La buona notizia è che la moda italiana, nel primo semestre, è passata indenne dallo tsunami finanziario che si è abbattuto sui mercati internazionali. Anzi, grazie a gruppi particolarmente virtuosi sul fronte del fatturato come Salvatore Ferragamo (+29,8%), Bottega Veneta (+29,4%), Bulgari (+23,6%) e Prada (+21,1%), il made in Italy ha archiviato i primi sei mesi del 2011 con un giro d’affari in crescita dell’12,3%.
La cattiva notizia è che è troppo presto per cantare vittoria. La crisi del debito sovrano in Europa, infatti, questa estate è esplosa costringendo anche l’Italia a una manovra “ferragostana” per far quadrare i conti pubblici. Il lusso tricolore nei prossimi mesi dovrà, dunque, affrontare nuove incognite economiche che si rifletteranno inevitabilmente sui bilanci. «Partiamo dal dato positivo: le principali aziende italiane della moda quotate nel primo semestre hanno realizzato performance positive in termini di redditività, ricavi e profitti – spiega Carlo Pambianco, presidente di Pambianco Strategie di Impresa, commentando la consueta analisi condotta su un campione di 13 gruppi nostrani e 18 esteri -. I buoni risultati si spiegano con la presenza nei Paesi emergenti, che hanno sofferto meno della crisi dei consumi e dove i grandi nomi riescono a fare numeri molto importanti a livello di vendite. Non a caso Prada ha deciso di quotarsi a Hong Kong e non a Piazza Affari. In questo senso i big del lusso, che possono contare su una distribuzione diretta nei mercati del Far East, sono stati avvantaggiati rispetto alle piccole e medie aziende che non hanno una organizzazione forte».
Andando nel dettaglio dell’analisi, emerge che nella prima metà del 2011 il fashion italiano ha macinato un giro d’affari di 9,8 miliardi di euro (+12,3%), mentre l’ebitda sul fatturato (che misura la redditività) è salito al 21,2% e l’utile netto sui ricavi è migliorato dal 7% del primo semestre 2010 all’8,4 per cento. A trainare la crescita del panel preso in esame sono le stesse griffe che hanno ottenuto ottimi risultati anche nel 2010: ovvero Gucci, Bulgari, Bottega Veneta e Prada, tutti al di sopra dei venti punti percentuali di progresso, ai quali si aggiunge la neo matricola Salvatore Ferragamo.
La classifica per fatturato è guidata sempre da Luxottica (3,2 miliardi) che mette a segno un balzo di quasi il 7% rispetto al semestre di un anno fa. Gucci e Bottega Veneta risultano i migliori anche per redditività, seguiti da Prada e Tod’s. Il gruppo milanese guidato da Patrizio Bertelli ha chiuso la prima semestrale dopo l’Ipo del 24 giugno a Hong Kong con un utile netto di 179,5 milioni, in crescita del 74,2% rispetto ai primi sei mesi del 2010 e un ebitda al 27,8% sui ricavi.
L’azienda guidata da Diego Della Valle occupa il nono posto per ricavi, archiviando il primo semestre con una crescita del 16,4% a 440 milioni di euro e con un nuovo progresso della redditività passata al 26,3% del fatturato (dal 24% dei primi sei mesi 2010).
Mantenere questi ritmi di crescita nei prossimi mesi sarà però una mission impossibile per il sistema moda, alla luce del peggioramento del quadro macro economico internazionale. «A livello di ebitda dovremmo aspettarci un calo di uno-due punti percentuali, mentre sul fronte del fatturato i buoni risultati ottenuti finora riusciranno, sull’intero 2011, a compensare parzialmente la frenata dei prossimi mesi», mette in guardia Pambianco, sottolineando come l’acuirsi della crisi accelererà il consolidamento del settore fashion, attraverso fusioni e acquisizioni. E in questo processo, prosegue ancora, i brand italiani «potrebbero finire nel mirino di investitori asiatici dalle spalle finanziarie forti a caccia di occasioni, come è successo per esempio con Salvatore Ferragamo o con Sergio Tacchini».
Passando al confronto tra il lusso italiano e quello oltre confine, l’indagine evidenzia un giro d’affari semestrale dei rivali esteri maggiore in termini assoluti (45,84 miliardi) anche se la crescita a livello percentuale è più modesta (+10,8%) rispetto a quella messa a segno dal Made in Italy. Domina la graduatoria il gigante Lvmh, che realizza quasi un quarto dell’intero fatturato aggregato dei 18 gruppi analizzati. In seconda posizione, si piazza Adidas con un +13,4% (6,3 miliardi di euro), mentre i due simboli della moda low cost, H&M (5,7 miliardi) e Gap (4,67 miliardi), sono caratterizzati da una crescita delle vendite al lumicino, in controtendenza rispetto al trend degli ultimi anni. Da segnalare, infine, che gli exploit più significativi sul fronte dei ricavi sono stati realizzati dagli orologi Fossil (+35,7%), dai gioielli Tiffany (+25,4%) e da Hugo Boss (+22,8%).
Tratto da: Il Sole 24 Ore di venerdì 23 settembre, a cura di Pambianconews