Meno ostentazione più understatement ma stesso glamour. Da Tod's a Versace, ecco i marchi della moda che volano anche quando i mercati soffrono
Toglietemi tutto, ma non il marchio. C'è una sola strada per resistere alla tempesta che, oltre a travolgere i mercati e le economie mondiali, sta annegando i consumi anche nell'aurea cupola dell'alta moda. Ed è quella che meglio si adatta alla tradizione italiana: puntare sul ritorno alle origini, un mix di qualità e creatività che non si può improvvisare. Perché in tutto il globo c'è ancora voglia di lusso: ricchi compratori che chiedono la costosa esclusività di via Montenapoleone e disdegnano gli sconti degli outlet.
Altagamma, la fondazione partecipata dai big del Made in Italy che ne promuove l'immagine, ha radiografato l'irresistibile corsa all'oro del settore, con una crescita costante fino al record di 175 miliardi di fatturato nel 2008. E la gelata di quest'anno? Quanto peserà? Per adesso le stime non sono drammatiche, soprattutto se confronta te con il tracollo generale: si parla di un calo che può arrivare al massimo al 7 per cento, che si ipotizza concentrato Soprattutto nel primo semestre. Ma questo segno meno innescherà una selezione naturale dove solo le più solide e le più creative sopravviveranno.
Carlo Pambianco, direttore dell'Osservatorio da lui fondato, è convinto che questa competizione rafforzerà le imprese già forti adesso. La sua analisi, sulla base dei dati raccolti sinora, permette di capire quali griffe hanno i muscoli per scattare oltre la recessione. Tra di loro, evergreen come Tod's e Loro Piana, e due ritorni alla vetta del mercato come Versace e Moschino. Tutti con una caratteristica comune, la potenza del rnarchio: I grandi nomi italiani possiedono qualcosa che gli, altri non hanno, cioè il riconoscimento immediato in tutto il mondo e che avverrebbe pure se smettessero di investire in pubblicità». Come Giorgio Armani, un altro di quelli che, secondo Pambianco, sta reagendo bene e il cui marchio, racconta, è conosciuto persino dagli indigeni che abitano le rive dell'Orinoco, nell'America del Sud. Potenza della globalizzazione: in villaggi dove la popolazione va in giro nuda, la visione di un cappellino di Armani suscita lo stesso entusiasmo che le dive di Hollywood mostrano per uno suo abito vintage da indossare alla cerimonia degli Oscar. Non rallenta nemmeno l'onda lunga del rilancio di Versace, che sta affrontando (inizio del 2009 dopo un 2008 più che positivo: una conferma che, chiuse le turbolenze gestionalì seguite alla scomparsa del fondatore, i suoi ori hanno ritrovato gli antichi splendori. In questo caso ha vinto la coerenza: nel 2008 il fatturato è stato di 336 milioni di euro, con un più 8,3 per cento ai carabi correnti. Una delle crescite maggiori tra le società italiane del settore, conquistata con un riposizionamento verso il top: Noi puntiamo alla fascia più alta del settore lusso, e continueremo a farlo, spiega Giancarlo Di Risio, amministratore delegato del gruppo, «I consumatori, in momenti come questo, si perdono per strada. Noi, rimanendo ciò che siamo sempre stati, gli restituiamo sicurezza. Nei momenti di recessione, però, secondo il manager bisogna ridefinire le strategie. A partire dalla comunicazione: meglio non ostentare il lusso e, con la crisi, anche il marchio della medusa sceglie un profilo più defilato.
«Le prime 25 aziende italiane della moda l'anno scorso hanno fatturato sui 20 miliardi di euro in totale», spiega Pambianco, «Nel 2009 faranno sicuramente un 5 per cento in meno visto che alcuni nomi stanno soffrendo». Per lui, vincerà chi produce, comunica e distribuisce meglio dei concorrenti: «è come se fossimo sotto una grande pioggia: c'è chi l'affronta con l'ombrellino e alla fine si ritroverà malato, e c'è chi invece non solo ha ombrelli grandi, ma possiede tutto l'occorrente per sentire solo gli schizzi dell'acqua.
Estratto da: L'Espresso del 17-4-09, a cura di Pambianconews