Sono partite ieri le lettere a firma del presidente dell'Unione industriale pratese, Carlo Longo, all'indirizzo dei parlamentari eletti nella circoscrizione toscana, per chiedere risposte urgenti sulla tutela del made in Italy all'indomani della sentenza della Cassazione che ribadisce il «non obbligo» di indicare la provenienza dei prodotti.
La sentenza non è una doccia fredda, ma una triste conferma: la provenienza di un bene va intesa in rapporto a un determinato produttore e non a un luogo geografico. Il marchio, stabilisce il provvedimento, è quello che fa fede sulla provenienza di un bene, al di là del luogo fisico di realizzazione; questo perché è il produttore che si fa garante della qualità del prodotto. Come dire, meglio il «made by» che il «made in».
«È proprio il concetto di qualità che si adombra in questa sentenza che è inadeguato, afferma Longo. In una concezione moderna del marketing ciò che si vende non è solo un prodotto materiale, ma anche un insieme di elementi immateriali che vanno al di là dell'oggetto in sé e richiamano uno stile di vita e un'immagine ben precisa. Perché dobbiamo trarre in inganno i consumatori suggerendo un'italianità che prescinde dal luogo di produzione? Si impone un drastico ripensamento: il gravissimo handicap delle non-decisioni Ue in tema di made in non deve esimere l'Italia dal salvaguardare gli interessi dell'industria nazionale».
Estratto da Finanza & Mercati de 9/03/07 a cura di Pambianconews