Il sasso nello stagno lo ha lanciato il presidente della Camera Nazionale della Moda Italiana, Mario Boselli, già l'anno scorso quando ha preso carta e penna e ha scritto una bella lettera per spiegare che i soliti grandi marchi del made in Italy avevano monopolizzato il calendario delle sfilate. Dal canto loro alcuni bei nomi della nuova generazione di fashion-designer tricolore, stufi di vedersi relegare nelle ore più scomode, hanno deciso di disertare la vetrina milanese andando a sfilare a Parigi. Uno scenario che ha convinto non pochi buyer a cancellare Milano dalla mappa del loro shopping.
Quale ricetta seguire per ridare smalto alle manifestazioni fieristiche meneghine? «Innanzitutto moltiplicarle», è il parere degli strateghi. Il che non vuol dire sovrapporle, creare una Babele disordinata dove tutti sono contro tutti. Al contrario. Bisogna creare una macchina da guerra in cui ciascun “battaglione” utilizzi al meglio le proprie armi. Fuor di metafora, i protagonisti dell'organizzazione modaiola milanese devono andare alla ricerca dei migliori talenti scovarli in tutto il mondo, dar loro spazio e visibilità, come già si fa per i marchi più blasonati. Devono riportare novità e vivacità a Milano, farla ritornare una piazza di riferimento imperdibile, dove c'è il meglio del fashion mondiale. Dove convivono emergenti e già emersi. Allora sì che i buyer ritrovano la strada di casa nostra.
Insieme alla ricerca del buyer perduto, il mondo della moda italiana dovrebbe attrezzarsi per diventare una vera fucina di talenti: far dialogare le scuole con i grandi marchi in modo che gli aspiranti-stilisti abbiano una palestra per esercitarsi sul campo e non solo nelle aule. Con la prospettiva reale (in atto a Parigi) di portare la famosa ventata di freschezza nel milieu delle “vecchie” griffe del made in Italy.
Estratto da Affari & Finanza del 19/02/07 a cura di Pambianconews