Si avvia alla fase dibattimentale il procedimento della Procura di Rimini nei confronti dei responsabili del crack da 750 milioni di euro targato Giacomelli sport.
Al di là delle responsabilità e delle posizioni dei singoli indagati, analizzando le varie tappe del crack non è possibile non vedere una cilecca che, sotto il profilo delle responsabilità, coinvolge l'intero sistema dei controlli che sovrintende alla sorveglianza dei mercati. Nulla di quanto è emerso in sede di indagini, infatti, è scaturito da una denuncia, da una segnalazione, né da un blando suggerimento alle autorità competenti da parte dei revisori dei conti (Deloitte). L'unica denuncia è partita dai sindaci.
Il problema è che è il 30 maggio (data della denuncia) era già tardi. La Guardia di Finanza si era già resa conto della gravità della situazione e aveva già chiesto al pm di Bologna Lazzarini di intervenire con tre misure cautelari. La quotazione in Borsa è stata assecondata da Borsa italiana. Né risulta che la Consob sia mai intervenuta per analizzare quelle manipolazioni sui titoli che sarebbero state messe in atto dai protagonisti del crack attraverso la Directa Sin di Torino. Il collocamento del bond da 100 milioni di euro utilizzato per l'acquisto della Longoni sport (lead manager Abaxbank e Banca Akros) è avvenuto senza che un solo sopracciglio si sollevasse.
L'attività truffaldina del gruppo, almeno dal 1997 al 2000, si articolava attraverso un sistema di false fatturazioni e di false note di carico per merce mai spedita e mai ricevuta da società compiacenti. Attraverso una normale (anche se proibita) attività di sconto e di anticipo di effetti bancari. Attraverso una continua procrastinazione delle scadenze dei debiti. Attraverso inventari di magazzino inventati di sana pianta, emissioni di assegni postdatati e persino una falsa denuncia di furto per blocchetti di assegni (per oltre 100 milioni di euro) e non onorati.
E anche qui non si comprende come il Tribunale di Rimini, pur subodorando la truffa, abbia acconsentito a sequestrarli. Si tratta di imprenditori in crisi che si muovono in modo assai scomposto. Almeno sino a quando la grande finanza non si è mossa in grande stile. Ottenendo come risultato un moltiplicatore, che ha trasformato un crack da strapaese, in uno dei più devastanti buchi di questi ultimi dieci anni.
Estratto da Il Sole 24 Ore del 17/02/07 a cura di Pambianconews