La ripresa del tessile italiano, di cui il presidente di Smi-Ati Paolo Zegna sta dando notizia è il frutto di una serie di investimenti che iniziano a produrre i risultati attesi. Non tutti gli industriali del tessile nazionale non hanno saputo come rispondere né prevedere le rapide evoluzioni del mercato e la concorrenza cinese, indiana e turca. Lo dimostra uno studio Pambianco sui bilanci dei principali distretti lanieri, della seta e del lino/cotone (Biella, Como, Prato) e del settore cotoniero, dal 2003 al 2005. I dati non tengono ancora conto della ripresa generalizzata del settore registrata nel 2006 e anticipata da Zegna (+1,4%), ma sono indicativi di una tendenza costruita nel tempo, e soprattutto nel segmento laniero e della seta, con tassi di crescita prevista anche per il 2007.
Meno positiva appare, anche in evoluzione, la situazione dell'area cotoniera. Il più dinamico appare senza il distretto di Biella (31 aziende considerate, da Zegna a Trabaldo Togna, Piacenza, Tessilgrosso, Botto e Colombo; Loro Piana non è stata considerata perché avrebbe falsato l'analisi, considerando che ha un fatturato pari quasi al 50% dell'intero campione analizzato): come emerge dall'analisi Pambianco, l'inversione di tendenza era già verificabile non tanto dal fatturato complessivo del settore, diminuito nel 2005 del 3,7% a 857 milioni di euro circa, ma da altri indicatori altrettanto sensibili: l'ebitda, passato dal 7,1% del 2004 al 10,5% del 2005, la patrimonializzazione, in crescita progressiva dal 48,7% al 50% negli ultimi due anni del periodo considerato.
Per quanto riguarda il distretto di Como (22 aziende considerate, da Argenti e Boselli a Mantero e Verga), la ripresa del fatturato complessivo (732 milioni di euro circa, pari al +3,5%) è stata evidente già dal 2005, ma presenta una dinamicità inferiore rispetto a Biella, e aree di stagnazione più marcate: pur stabile, l'ebitda complessivo rimane infatti bassissimo, al 5%, e il risultato netto rimane ancora negativo sugli stessi valori, anno dopo anno: -2,3% nel 2004, -2,1% nel 2005. Per il distretto, Pambianco prevede per il 2007 i primi segnali di un vero cambio di rotta, dopo un 2006 ancora fermo sui livelli dell'anno precedente e una redditività ancora negativa, attorno al -2%.
Per quanto riguarda il distretto di Prato, su 38 aziende considerate, da Bardazzi e Comatex a Faliero Sarti e Texapel, i bilanci del 2005 continuano a portare i segni della crisi vissuta negli ultimi anni, a partire dal fatturato complessivo, che scende del 5,1% a 728 milioni, mentre il risultato netto rimane stabile allo 0,5% e l'ebitda cresce leggermente, dal 3,8 al 4,4%: è uno dei pochi segnali positivi, anche se è evidente il livello ancora basso dell'indice. Salgono, altro segnale di incertezza, anche gli oneri finanziari, seppure di poco (dallo 0,9 all'1,2%).
La ripresa del settore abbigliamento, già certa nel 2006 (circa il 5% di crescita), dovrebbe favorire anche il distretto nell'anno in corso, prevede Pambianco. Ma se la creatività e gli investimenti sulla qualità hanno premiato lane e sete, la concorrenza straniera, e la massiccia quantità di tessuti immessi sul mercato mondiale hanno invece penalizzato le aziende del settore cotoniero: su 26 aziende considerate, il fatturato complessivo a 1,011 miliardi di euro nel 2005, dai 995 del 2003, mostrano una crescita molto lenta, anzi una stasi se si prende in considerazione il 2004, (1,003 miliardi).
(Lo studio completo a pagamento è disponibile cliccando qui).
Estratto da MFFashion del 16/02/07 a cura di Pambianconews