Cosa hanno in comune Donatella Versace e Zhang Yin, la quarantanovenne signora che riciclando carta straccia con la sua Nine Dragons, si è costruita un impero da 2,7 miliardi di euro che l'ha proiettata in testa alla classifica dei 500 più ricchi della Cina? Di certo, l'amore per gli abiti griffati: che la prima disegna e produce. E la seconda compra. Ma Zhang Yin non è un caso isolato. Sono almeno 175 milioni (ma le previsioni parlano di 250 entro il 2010) i «nouveaux riches» ansiosi di far sapere al mondo che ce l'hanno fatta. E che fanno incetta di grandi firme.
Perché proprio i cinesi, che fanno quattrini con i «falsi», solo nell'8% dei casi ritengono che le imitazioni siano all'altezza dei modelli originali. Lo rivela un'indagine globale online sulle marche del lusso condotta da AcNielsen su 21 mila consumatori di 42 paesi e che sulla Cina apre uno scenario più che promettente. "Due cinesi su tre puntano a crearsi un'immagine attraverso i marchi del lusso e sono letteralmente affamati di quelle griffe esclusive che ritengono in grado di proiettare il loro nuovo status sociale", spiega Glen Murphy, direttore della AcNielsen China. Le più ambite? Versace e Chanel si dividono a pari merito il primo posto (38% di preferenze) seguite da Louis Vuitton (32%) e Giorgio Armani (26%).
Certo, per la gran massa il prezzo resta ancora un ostacolo (per ora solo il 7% si permette di acquistare beni griffati), ma secondo gli esperti è questione di poco tempo. Visti i ritmi di crescita a due cifre dell'economia, il numero degli abitanti e la rapidità con cui le classi sociali si muovono verso l'alto, tutto lascia prevedere in futuro un grande balzo in avanti per i luxury goods ai quali il 28% dei cinesi (contro il 15 del Giappone) riconosce una qualità molto più elevata rispetto a quella dei marchi normali.
Non stupisce quindi la corsa delle maison più prestigiose alla conquista del paese della Grande Muraglia. Alla Versace nel 2007 hanno deciso di concentrare in quel paese il maggiore sforzo finanziario: una decina di milioni di euro saranno destinati a nove nuove boutique dirette, che porteranno a 14 la rete complessiva. E il gruppo Armani, che sul territorio conta una cinquantina di negozi di tutte le linee gestiti dalla Giorgio Armani China (181 dipendenti) creata a Shanghai nel 2006, entro cinque anni intende aprire altri 40 nuovi negozi.
Estratto da First del 24/11/06 a cura di Pambianconews