«Farò questa battaglia. Ci sto lavorando giorno e notte. Sono convinta che abbiamo ragione, ma la ragione non basta, servono anche i numeri per affermarla». Così il ministro per il Commercio internazionale, Emma Bonino, parla del confronto in corso a livello europeo per introdurre, sui prodotti dell'industria manifatturiera, la marcatura obbligatoria del Paese di origine, il cosiddetto made in. La Commissione, grazie al lavoro svolto negli ultimi tre anni dagli imprenditori italiani sotto la guida di Confindustria, ha varato, nello scorso mese di dicembre, una proposta di direttiva che recepisce le istanze del sistema manifatturiero.
A essere contrari all'introduzione obbligatoria del made in, così da chiarire al consumatore la zona di provenienza per tutti i prodotti che entrano nella Ue, sono la Germania, ma soprattutto i “Paesi forti” del Nord Europa, Inghilterra in testa. Si tratta di aree dove si è sviluppata la grande distribuzione i cui interessi sono molto diversi da quelli della piccola e media industria manifatturiera italiana. Non ci sono un design esclusivo e prodotti di qualità da difendere, ma all'opposto le lobby dei distributori vogliono avere mano libera nell'acquistare e proporre alla clientela beni provenienti da ogni parte del mondo, senza tanti vincoli sull'attestato di provenienza.
Per ora i «numeri della ragione non ci sono», ribadisce il ministro per il Commercio internazionale. La “battaglia”, tuttavia, non è persa. Anche in Europa, infatti, vale il principio del do ut des e le cose potrebbero cambiare se qualcuno dei Paesi contrari al made in avesse bisogno del voto italiano per far approvare qualche altra direttiva
Emma Bonino parla a Maranello (Modena), in occasione del convegno “Nuovi scenari e strategie nel settore calzaturiero”, promosso dall'Anci. Al dibattito è presente anche Gian Domenico Auricchio, presidente del Comitato tecnico per la tutela dei marchi e la lotta alla contraffazione di Confindustria. «Per difendere le aziende italiane è assolutamente necessaria l'introduzione in Europa del made in», commenta Auricchio. «I nostri prodotti sono i migliori e siamo convinti che il regolamento di marcatura obbligatoria si debba fare, così che il consumatore possa valutare con piena consapevolezza i propri acquisti». D'altra parte una simile tutela, per garantire la certezza della provenienza, è già in vigore negli Usa, in Canada, in Giappone e addirittura in Cina.
Estratto da Il Sole 24 Ore del 5/11/06 a cura di Pambianconews