Le nostre aziende di moda nel 2005 sono andate meglio. È così, leggendo i dati complessivi del comparto moda e i risultati della ricerca Pambianco fatti su un campione di Global luxury brands italiani ed esteri. Ma gli esteri vanno meglio dei nostri perché sono più grandi. È quindi ancora un problema di dimensione per noi italiani? È vero, al di là di un certo livello di nicchia piccolo non è più bello. La worldwide dimensione può essere più profittevole quando i marchi del lusso sono molto più grandi. Cominciamo a esaminare i dati complessivi. Il fatturato dell'intero comparto è stato nel 2005 pari a 10.507 milioni di euro (+7,4% sul 2004). Il margine operativo lordo ebitda è passato dal 12,2 al 14,4% sui ricavi e l'utile netto è migliorato raggiungendo il 5,2 contro il 2,8% dell'anno precedente. Gli indici di redditività salgono dal 5,2 all'8,7%. È buona anche la patrimonializzazione al 56,7% contro il 48,8% di due anni fa. Le previsioni del 2006 sono ancora in crescita stimata tra l'1 e l'1,5%.
Ma allora dove sta il problema? È un piacere leggere questi dati e soprattutto, dopo periodi di crisi, la positività della tendenza. Ma se confrontiamo le otto aziende del lusso estero con le 36 top italiane, ebbene le estere hanno ricavi tre volte più grandi pari a 28.092 milioni di euro e utile pure tre volte più grande. Per non parlare dei profitti che per le estere sono 4.022 milioni di euro, circa sette volte i miseri (si fa per dire) 542 milioni di euro delle italiane. Le ragioni di quest'enorme svantaggio sono dovute, dice ancora Pambianco, a due ordini di fattori: le multinazionali estere fanno tanti utili rispetto alle italiane per la grande dimensione, che riesce a mettere in gioco più sinergie; il secondo motivo di una maggiore profittabilità dei big è che oggi vince chi punta sul lusso sempre più estremo.
E allora non accontentiamoci dei risultati positivi, ma guardiamo sempre più avanti se non vogliamo fra due anni trovare il mercato mondiale della moda e del lusso quasi interamente occupato dai marchi stranieri. Questi ultimi non hanno intenzione di fermarsi appagati dai loro successi di conquista. Dobbiamo guadagnare nuove quote e non è utopico pensare di portarle via agli stranieri anche se le tengono ben salde. Ma come? Superando i punti di debolezza che ancora ci affliggono: piccole dimensioni di impresa, scarsa propensione agli investimenti, compagine societaria ristretta, insufficiente cultura finanziaria. Vanno fatti anche ulteriori sforzi sul marketing e sulla cultura del retail. Enfatizzare la brand-image con opportuna comunicazione sui mercati esteri non può che far bene. Non si può stare tranquilli sugli utili pur significativi, ma occorre cogliere tutte le opportunità che si offrono per migliorare. Di fronte alla minaccia bisogna reagire supportati dai nostri punti di forza: capacità imprenditoriale, integrazione socio-produttiva, differenziazione di prodotto e, perché no, spirito patriottico. Bisogna cercare di fare un prodotto sempre più alto, si sa la fascia del medio soffre. Quindi il lavoro è appena cominciato per vincere la gara dei fatturati e degli utili.
Estratto da MFFashion del 24/10/06 a cura di Pambianconews