Negli ambienti finanziari più d'uno scommette che sì, questa volta si farà: Armani, sono convinti, andrà in Borsa. Dal quartier generale dello stilista, smorzano invece gli entusiasmi. «Non siamo, dice il direttore generale, Gianni Gerbotto, un'azienda vicina alla quotazione, non è questo il tema al nostro ordine del giorno». Eppure, attorno al gruppo Armani c'è fermento. Il punto è che, da quel che risulta da fonti non ufficiali, dall'inizio dell'anno sono ricominciati i sondaggi con il mondo della finanza.
Da quel che filtra, le prime valutazioni del gruppo giunte al termine degli approcci di questi mesi si collocano tra i 3,5 e i 4 miliardi di euro. La Giorgio Armani è una società ricca e solida e lo stilista-fondatore ne è l'unico azionista. Nel 2005 ha avuto un fatturato consolidato di 1,4 miliardi di euro, con un margine operativo lordo di 262,8 milioni e un utile netto di 154,8 milioni. La posizione finanziaria netta a fine anno era positiva per quasi 450 milioni di euro e la liquidità generata dalla gestione corrente era superiore ai 200 milioni.
«Quando il signor Armani ha accennato alla quotazione, dice il direttore generale, intendeva riferirsi ai cambiamenti fatti dal gruppo in questi ultimi sei-sette anni. Oggi, continua Gerbotto, ha più sistema, più controllo del business, un management più coerente rispetto al futuro». In vista di una eventuale quotazione, però, c'è ancora lavoro da fare, a partire dall'apertura del consiglio di amministrazione a membri esterni e da una messa a punto della struttura organizzativa.
Estratto da CorrierEconomia del 23/10/06 a cura di Pambianconews