Tra un paio di settimane dovrebbe essere definitivo l'ingresso di Banca Intesa in Prada con la quota del 5% che era stata preannunciata a luglio. Si tratta del passo decisivo perché Prada riapra il dossier abbandonato all'ultimo momento nel giugno di quattro anni fa: la quotazione in Borsa. C'è chi scommette che sarà nel 2007, chi l'anno dopo. Qualcosa si saprà quando Prada e Banca Intesa annunceranno l'accordo definitivo.
Guidata dal presidente e amministratore delegato Patrizio Bertelli sul fronte industriale e commerciale, da Miuccia Prada (nella foto) su quello dello stile e da Carlo Mazzi sulla finanza, la Prada che torna ad avvicinarsi a Piazza Affari è diversa da quella che era pronta a quotarsi quattro anni fa. Un po' più piccola (1,7 miliardi di euro il fatturato del 2001, 1,3 quello al 31 gennaio 2006), ma senza fonti di perdite, avendo il gruppo saputo cedere i marchi che aveva acquisito e che portavano problemi, da Fendi a Jil Sander a Helmut Lang. Non più «polo del lusso» secondo il modello Lvmh, ma concentrata su quattro marchi: i due della casa, Prada e Miu Miu, che insieme consentono di realizzare il 95,5% dei ricavi totali, più Car Shoe e Azzedine Alaia. Con una Miu Miu sempre più dotata di identità propria e sempre meno seconda linea del marchio maggiore. Bilanciata tra i diversi mercati e i diversi prodotti.
Al termine della ristrutturazione di questi anni il gruppo è attualmente riunito nella Prada spa, che ha fatto il suo primo bilancio consolidato con l'esercizio chiuso al 31 gennaio 2006. Il risultato è un utile netto salito a 47 milioni dai precedenti 9 e, secondo un confronto omogeneo (il 2004 era più lungo di un mese per via dello spostamento di chiusura dell'esercizio), una crescita dell'8,2% per Prada, del 17% per Miu Miu, del 10,7% per Azzedine Alaia fino al +138,4% di Car Shoe.
Estratto da CorrierEconomia del 16/10/06 a cura di Pambianconews