A ondate, con una certa regolarità, si diffonde la voce che Bulgari sia in vendita. E che a comprarla sia, di volta in volta, un qualche grande gruppo del lusso: prima c'era Lvmh (con il quale, probabilmente, anni fa qualche contatto per un ingresso parziale ci fu), poi Richemont, adesso Ppr. Alla base di questi rumors c'è sicuramente anche l'essere, quella che controlla Bulgari, una famiglia complessa. E questo potrebbe riverberarsi sull'impresa. I Bulgari di oggi sono quelli della terza e quarta generazione. «Le voci che Bulgari sia in vendita sono completamente infondate. Nessun membro della famiglia ha intenzione di vendere», dice Francesco Trapani (nella foto), AD di Bulgari.
Eppure si è sentito dire spesso che i suoi zii accarezzassero l'idea di passare la mano.
«I miei zii hanno nel proprio Dna una difficoltà a cedere l'azienda, che è da 150 anni di proprietà della famiglia e non vogliono certo passare come i Bulgari che l'hanno venduta. Fin quando l'azienda sarà ben gestita, il desiderio di vendere sarà inesistente. Sia io che i miei zii abbiamo una grande esperienza di lavoro insieme e una forte compattezza sulle strategie da seguire, non esiste alcuna tensione, frizione o gelosia. Stiamo tutti bene di salute. E da due-tre anni siamo partiti all'attacco di uno sviluppo più aggressivo, stiamo facendo grandi investimenti, e gli investimenti sono già di per sé una prova di capacità… Perché mai dovremmo vendere?».
Gli anni passano e ci sono equilibri familiari che possono risultare difficili.
«Questa è un'azienda in cui, me escluso, nessun membro della famiglia ha cariche operative. Abbiamo un'organizzazione molto americana».
Un altro dei motivi che vi vuole venditori è la dimensione: con un miliardo di euro di fatturato siete i più piccoli dei grandi.
«Siamo una delle cinque-sei marche più importanti del lusso e i nostri concorrenti sono tra il 40 e il 100% più grandi di noi. Ma stiamo facendo forti investimenti, soprattutto nel retail, dove, essendo partiti più tardi di nostri competitor, oggi stiamo affrontando i costi e questo si riflette sulla profittabilità. Ma presto si vedranno i risultati, nei negozi di nostra proprietà cresciamo a doppia cifra, stiamo andando nella direzione giusta».
Avete già detto di essere potenziali acquirenti. Di che cosa?
«Noi siamo bravi a fare gioielli e orologi, ma non escludiamo investimenti in altre aree, gli accessori soprattutto. Non siamo invece interessati alla moda, ad esempio a stilisti».
Estratto da CorrierEconomia del 18/09/06 a cura di Pambianconews