Fu nel 1981 che Giorgio Armani, ribattezzato re Giorgio dal “Time”, decise di aggiungere al suo impero in costante crescita un altro tassello: la linea Armani jeans. Una collezione innovativa che riprendesse i codici del mondo del denim superandone però le origini americane. «L'idea era di rivolgermi a un pubblico giovane: ragazzi, studenti, sportivi. Ma non solo», racconta oggi il designer, che dal suo quartier generale di via Durini a Milano controlla un gruppo da un miliardo e 852 milioni di euro di fatturato nel 2005. «Ma volevo anche provare a raggiungere con le mie creazioni chiunque, al di là dell'età, avesse una mentalità giovane».
L'idea funzionò e a 25 anni di distanza, Armani jeans è una realtà robusta che, in cifre, rappresenta il 15% del consolidato gruppo Armani.
Fino alla fine degli anni Settanta la linea di demarcazione tra il guardaroba formale, elegante, e quello dei giovani, era molto netta. Oggi anche i grandi stilisti strizzano l'occhio alla moda di strada. Come sono cambiati secondo lei i codici dell'abbigliamento?
Su quest'argomento sono piuttosto critico. Penso che nel mondo della moda ci sia stata una libertà portata alle estreme conseguenze che ha generato una grandissima confusione. Con un accento ostinato sul sesso, diventato l'unico codice interpretativo. Colpi di scena, spettacolo, una corsa continua alle trovate più rumorose, allo scandalo da passerella che aiuta a conquistare una nazione sul giornale o il passaggio in televisione.
A cosa dovrebbe aspirare invece un designer?
Sono convinto che chi segue un vero processo creativo dovrebbe avere sempre ben presente che l'approvazione o la critica più importante del suo lavoro è quella dell'uomo o della donna cui è destinato e che vuole trovare in ciò che sceglie una risposta alle sue esigenze. Fare lo stilista non significa soltanto proporre un abito ma anche e soprattutto suggerire un atteggiamento, un'attitudine nei rapporti sociali».
In che modo la produzione Armani jeans si differenzia dalle altre sue linee?
Armani jeans è un mondo a sé. Abbiamo sempre cercato di trovare soluzioni produttive tecnologicamente all'avanguardia, che permettano un controllo sui costi e sulla qualità dei materiali e delle tinture.
Estratto da L'Espresso del 15/09/06 a cura di Pambianconews