Erano gli anni Novanta e le chiamavano le super-models. Dopo di loro nessuna così. Generazione senza eredi. Colpa delle stars, è il rumor di questi giorni. Attrici e cantanti diventate modelle, il tempo di qualche scatto: poi ingigantite e incollate sui muri delle città o spalmate in doppie pagine pubblicitarie. La moda le ha volute, corteggiate, pagate con il sicuro risultato di messaggi immediati, diretti in boutique, pronto-cassa: «Vorrei la borsetta della Thurman!», «Avete la camicetta della Demi Moore?». Ma ora non le vuole più le stars. Rivorrebbe le super-models, quelle famose perché modelle e non per altro.
«L'analisi sociale è interessante, riflette Paolo Gerani, patron di Iceberg, una griffe che in tempi non sospetti (le prime datate anni Ottanta) per le campagne pubblicitarie scelse da Andy Warhol a Ettore Sottsass a Sofia Coppola), ma gli estremismi non mi piacciono: non credo sia finita l'era dei testimonial famosi e che sia ricominciata quella delle super top. Però è vero che è successo qualcosa: il consumatore è più accorto e che sia Julia Roberts o Angela Lindvall, non lo freghi. Il prodotto ha la meglio. Così ti puoi permettere di alternare. Messaggi che trasmetti, positivi o negativi, che certo possono anche dipendere dai personaggi, ma non estremizzando o escludendo, questo va, questo no».
Così si spiega una scelta come quella di Vogue America: prossimo numero Linda Evangelista (che fu una delle dee '90) in copertina e incinta a 41 anni: «Perché comunque le donne sono rassicurate da volti conosciuti, maturi e “umani”», spiegano dal mensile.
Estratto da Corriere della Sera del 20/07/06 a cura di Pambianconews