Calzature e pelletteria made in Italy nel 2005 hanno investito molto in pubblicità. Un confronto tra gli sforzi promozionali dei diversi comparti è possibile osservando le analisi di Pambianco Strategie di Impresa. Nel 2005, secondo lla Società di consulenza milanese, il settore calzature ha investito in pubblicità complessivamente 53,2 milioni, in aumento del 16,6% rispetto al precedente esercizio (il valore assoluto è una stima calcolata scontando del 75% i prezzi di listino delle diverse testate). Per quanto riguarda la pelletteria, Pambianco ha rilevato un totale impiegato di 38 milioni di euro: il 13,6% in più sul 2004. Dunque, i due comparti sembrano marciare a braccetto sul fronte pubblicitario.
Ancora più significativo, poi, è l'aspetto «concentrazione» che accomuna pelle e scarpe. Per queste ultime, circa la metà dei brand considerati da Pambianco (i primi 100 marchi sui 201 che hanno investito nel 2004 e nel 2005) copre il 92% delle risorse totali destinate in pubblicità. Per la pelletteria, sono i principali 50 marchi (sui 116 attivi nel biennio) a contabilizzare il 98% delle risorse complessive investite dal settore.
Secondo Pambianco contano anche precise scelte strategiche. «Ci sono aziende che si accorgono che la pubblicità è una strada obbligata per emergere nel mercato, dice il report, così come ci sono aziende che smettono di fare promozione in quanto non hanno la costanza necessaria per perseguire la strategia intrapresa».
Come avviene nell'intero mondo della moda, la pubblicità diventa anche un fattore determinante per riuscire a trovare spazi sulla stampa. Il corto-circuito talvolta emerge soprattutto nelle riviste patinate, dove gli articoli (e le foto) dedicati a un brand, spesso sono suggeriti dalla direzione marketing. Eppure, secondo Pambianco, i dati sembrano indicare «una buona indipendenza nella stampa tra chi raccoglie pubblicità e i giornalisti».
Infine, ciò che viene sottolineato da Pambianco è la forte difformità tra brand e brand: «Ci sono marchi che investono poco, eppure hanno tantissimi ritorni in termini di redazionali, mentre altri marchi, pur investendo parecchio, hanno scarsa copertura giornalistica». Una difformità che, in effetti, sembra lasciare intendere che l'ultima scelta nel coprire o meno un'azienda viene lasciata al giornalista. Sempre che, invece, la differenza tra i seguiti e i dimenticati non sia dovuta a un altro grave corto-circuito dell'informazione moda: l'enorme potere condizionante mantenuto dalle pierre.
Estratto da Finanza&Mercati del 25/03/06 a cura di Pambianconews
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