"Siamo un mercato con 5 milioni di clienti di beni di lusso, abbiamo il cotone e la seta migliori, abbiamo anche 1'esperienza per lavorarli: per questo, Italia, dovete investire su di noi». Lo dicono i membri indiani della task force bilaterale creata all'indomani della missione di Stato italiana di un anno fa. Task force che aveva il compito di saggiare tutti i possibili ingranaggi della cooperazione fra India e Italia nel settore della moda, dall'abbigliamento agli accessori in pelle passando per i gioielli. E a cui ha fatto seguito un documento di lavoro Confindustria-Ficci (una delle due associazioni industriali indiane) firmato lo scorso gennaio e in cui si delineano i prossimi passi su questo fronte.
L'India può essere un mercato di sbocco per l'Italia ma anche una fabbrica cui fidare una parte della produzione. Purché il Governo di Delhi semplifichi il fisco, faciliti 1'acquisto di terreni, autorizzi la proprietà delle catene di vendita e costruisca parchi tecnologici dove gli imprenditori possano trovare macchinari al passo coi tempi.
Se si guarda al comparto tessile, 1'India è il terzo maggior produttore mondiale di cotone, il secondo produttore di seta e il quinto di fibre sintetiche. Sul fronte delle pelli, botteghe e fabbriche indiane producono ogni anno merci per 4 miliardi di dollari ma, così come nel caso del tessile, le imprese sono di piccole dimensioni, incapaci di far fronte a ordini troppo voluminosi. Quanto ai gioielli, infine, oltre a dominare il mercato mondiale del taglio e della lavorazione dei diamanti, gli indiani stanno cominciando a proporre marchi propri.
New Dehli però per diventare la fabbrica del fashion italiano dovrà fare chiarezza sul fronte fiscale, risolvere la questione della proprietà intellettuale ed introdurre regole precise in merito all'etichettatura dei prodotti.
Estratto da Il Sole 24 Ore del 7/03/06 a cura di Pambianconews