Le medie aziende italiane del Nordest non si quotano in Borsa perché non ne hanno bisogno: tutto quello che gli serve per gli investimenti lo prendono dall'autofinanziamento. Alle banche si rivolgono solo per finanziare il circolante: e invano banchieri come il direttore del Sanpaolo, Pietro Modiano, hanno lanciato appelli perché facciano ricorso ai debiti e alle strutture bancarie per finanziare la crescita e magari qualche acquisizione. Da anni, del resto, la loro crescita equilibrata non si arresta.
Nei giorni scorsi Mediobanca ha presentato l'indagine che mette insieme i bilanci delle medie imprese italiane del triangolo nordestino. Quel mondo di “multinazionali tascabili” che oggi viene vezzeggiato dai politici come Romano Prodi, che dicono che da qui bisogna partire per ricostruire il sistema industriale, dai banchieri a caccia di aziende in buona salute nelle quali impiegare la loro liquidità, dalle banche d'affari in cerca di imprese da portare in Borsa. E' un mondo che per gran parte si basa sui settori tradizionali del Made in Italy (meccanica, beni per la casa, alimentari) che costituiscono il 71% del fatturato e ben il 77% delle esportazioni. I punti di forza di queste imprese non sono tecnologici, ma di natura commerciale (reti di vendita, pubblicità, design) e immateriale (marchi e brevetti).
Nel complesso tengono testa e spesso sorpassano le grandi aziende: anzi sono molto più solide finanziariamente, più tenaci da un punto di vista industriale dato che presidiano nicchie di mercato a livello mondiale, più determinate di altre a giocarsi il futuro se è vero che il tasso annuo di investimenti negli ultimi anni è stato pari all'11%, un indice elevato se confrontato con le multinazionali europee (che lo hanno aumentato del 9%): “Questo induce a ritenere, dice Mediobanca, che le medie imprese abbiano realizzato negli anni recenti importanti innovazioni di processo”.
Nell´area più industrializzata del Paese queste “multinazionali tascabili” come qualcuno le ha definite sono dunque la spina possibile sulla quale ricostruire un futuro del sistema industriale. Molte fra loro hanno anche abbandonato il mondo delle medie per entrare a fare parte di quello delle grandi. La Luxottica, la Geox, la Benetton, la Merloni tanto per citare quelle fra le più famose, che sono tra le poche grandi imprese che ogni tanto annunciano nuove assunzioni, come è avvenuto negli stabilimenti della Luxottica pochi giorni fa.
Estratto da Affari&Finanza del 30/01/06 a cura di Pambianconews