Gianfranco Ferré, gelo con It Holding
Gianfranco Ferré non lascerà il gruppo della moda che porta il suo nome. Ma, certo, i rapporti tra il grande stilista e la proprietà del suo marchio, It Holding, non sono oggi al loro massimo splendore. Tutt'altro. «Resto qui, dice lo stilista. E faccio il mio lavoro con grande serietà e sacrificio. L'ho accettato come una sfida e difendo ciò che faccio perché lo voglio». Ma quando gli si chiede se sia vero che il feeling con il patron di It holding, Tonino Perna, già non più brillante, si sia rotto definitivamente a causa del recente allontanamento di Rita Airaghi, sua storica collaboratrice, risponde: «Non è questo il problema ma i modi con cui vengono portate avanti certe decisioni. Io sto rispettando i miei patti. Ma trovo che certe azioni non si debbano fare e non le accetto».
Non è, questo dei rapporti interni, argomento di cui Ferré vorrebbe parlare, «chiedete a Macchi», dice. Cioè all'amministratore delegato della casa di moda, pezzo forte della quotata It holding che per finanziare l'acquisizione di Ferré a suo tempo emise un bond da 175 milioni di euro, recentemente sostituito da un altro da 150 milioni di cui Standard & Poor ha appena rivisto al ribasso il rating a B-.
Proprio ieri i titoli della società hanno strappato (+9%) a Piazza Affari su notizie di stampa di una possibile scissione tra attività industriali e proprietà dei brand. Modello Valentino, per intenderci. Che valorizzerebbe (la società dice che i cda non hanno mai preso in esame l'ipotesi, ma l'idea piace) proprio Ferré. Ma immaginare la casa di moda senza il suo fondatore è difficile. Ecco perché tanta attenzione su eventuali dissapori. Non solo l'uscita di Airaghi, ma anche quella di Victor Bellaish, il designer arruolato solo tre mesi prima, ha creato qualche dubbio. Cos'è successo? «Non posso rispondere, dice Ferré. Per quello che mi riguarda, io sono qui che lavoro, ho appena iniziato una nuova collezione. Lavoriamo e ci sacrifichiamo; e stiamo insegnando a Ittierre a realizzare un prodotto come il nostro, che non sapeva fare».
Estratto da Corriere della Sera del 21/12/05 a cura di Pambianconews