Off field significa fuori campo. Con questo marchio, Canterbury New Zealand, la società neozelandese che da oltre 100 anni veste i rugbisti di tutto il mondo, si affaccia al mercato italiano. L'obiettivo, oltre a fidelizzare i 34 mila giocatori nazionali dello sport «bestiale giocato da gentiluomini», come lo definì Oscar Wilde, è conquistare i soggetti sensibili alla moda che frequentano negozi come Biffi, Brian Barry a Milano, Barbaro a Napoli, Sarli a Trieste.
In questi punti vendita e in altri, per un totale di 270 sul territorio italiano, la collezione è già entrata. In sole due stagioni, come conferma Gianpaolo Mantello, il responsabile della sede italiana di Canterbury sorta a inizio 2005, che ai suoi connazionali proporrà non solo la classica maglia in jersey con colletto ecru e rigone su tinta unita, ma l'intera iconografia sportiva sfoderata in un secolo dalla società con sede a Christchurch (Nuova Zelanda), che ha vestito la famosa squadra di rugby degli All Blacks, la risposta si è fatta sentire.
«Il team creativo è composto da persone con una forte sensibilità al prodotto moda, tutte giovani», conferma Mantello. Ci si dovrà quindi aspettare interpretazioni fedeli o fantasiose dei tre uccellini kiwi che campeggiavano sulle maglie in onore ai tre fondatori di Canterbury New Zealand; divagazioni stilistiche sulle famose ugly, le brutte, definite così perché gli atleti di inizio secolo se le facevano realizzare con avanzi di stoffe; o ancora richiami di numeri simbolo come il 15 (il giocatore che difende l'ovale) o il 2 (il tallonatore), sapientemente collocati in miscellanee di colore e forma accattivante. E poi i colletti rinforzati dalle tre cuciture parallele rosse, i bottoni in gomma, i dettagli anti strappo su un mare di polo in piquet, jersey, t-shirt, come nella collezione di questo inverno, a cui andranno ad aggiungersi presto dei capospalla. «Il marchio fattura 80 milioni di euro nel mondo, è presente in department store di nome come Barney's, Harrod's, Beans in Giappone, continua Mantello. In Italia l'obiettivo è raggiungere 400 punti vendita complessivi, per un fatturato che dovrebbe coprire il 20% di quello complessivo».
Estratto da CorrierEconomia del 12/12/05 a cura di Pambianconews