I dati preoccupanti ottenuti dal tessile-abbigliamento nel 2005 sono dovuti principalmente, secondo quanto afferma Gaetano Marzotto, presidente di Pitti Immagine, non solo all'aggressività della Cina ma anche al disinteresse per la promozione all'estero trascurata, al supereuro, alla mancanza di provvedimenti a favore delle imprese.
A fronte di questa realtà, la previsione per il 2005, come per i tre anni precedenti, sarà di un calo di fatturato: 41,3 miliardi, in discesa del 2,9% rispetto al 2004, secondo le stime elaborate per la presentazione di Pitti Immagine.
Un altro dato preoccupante è la crescita delle importazioni, che nel primo semestre dell'anno per alcuni prodotti ha raggiunto cifre mai viste: si parla del 2.500 per cento. Contemporaneamente, si sono registrate flessioni dei prezzi medi comprese fra il 24 e il 94%: una sfida alle leggi di mercato. Risultato finale: dalla Cina dipendono i due terzi delle importazioni italiane di abiti da donna e il 50% di quelle di pantaloni, t-shirt e reggiseni.
Per poter reagire serve una migliore promozione della produzione made in Italy all'estero. «C'è bisogno di maggiore coordinazione tra ministeri e Ice» ha detto Paolo Zegna, presidente della Federazione imprese tessili e moda italiane. Anzi, ha detto poi alla Camera di commercio italo-cinese, la Cina non va demonizzata perché potrà diventare in futuro «il più grande mercato al mondo. Un luogo nel quale prima ci entriamo e meglio sarà per tutto il nostro settore produttivo».
Estratto da Il Giornale del 17/11/05 a cura di Pambianconews