«Vent'anni fa c'erano Gianni Versace e Giorgio Armani. E poi c'erano gli altri, certo. Oggi se vogliamo veramente rilanciare il made in Italy dobbiamo essere in grado di "importare" i migliori talenti creativi da tutto il mondo. Ovunque si trovino: Asia, Africa, Americhe ed Europa». Santo Versace, vicepresidente di Altagamma, l'associazione fra le aziende d'eccellenza, lancia la sfida alla politica. Dice: «Ci vuole un colpo d'ala, ci vuole audacia, ci vuole fantasia che manca. Questo settore è vitale per la nostra economia. Pensiamo alla scuola…».
Scusi Versace, cosa c'entra la scuola?
«Hanno distrutto la nostra scuola professionale pubblica. Una struttura che il mondo c'invidiava: si tratta di un danno difficilmente quantificabile. Pensi che in Lombardia ci sono 2000 artigiani del settore che non trovano giovani apprendisti. È anche così che si perde competitività: smarrendo il nostro "saperfare". Mi chiedo: cosa fa la politica per risolvere questi problemi?».
Ce l'ha con questo governo per caso?
«Purtroppo la questione non riguarda solo questo governo. La moda è sempre stata snobbata dai politici italiani: probabilmente la considerano una cosa futile, effimera. L'unico leader ad amarla in modo autentico fu Bettino Craxi. Anna, la moglie di Bettino, era sempre attenta alle novità e ha sempre pagato i vestiti di tasca sua. In ogni caso il primo convegno serio sul made in Italy cui ho partecipato fu voluto proprio da Craxi. Si svolse a Firenze, credo nel 1985».
Però il made in Italy non è costituito solo dai marchi. Che ne sarebbe delle imprese che aderiscono ad Altagamma senza i piccoli fornitori?
«Mi ricordo che una volta, tanti anni fa, Marco Vitale chiese a mio fratello di spiegargli cos'era il made in Italy. E Gianni rispose con una battuta: "La nostra creatività assieme a Biella, Como, Prato e Capri". Ieri e oggi, dunque, i nostri distretti e i nostri artigiani sono una parte fondamentale dell'intero sistema della moda. Guai ad abbandonarli!».
E invece?
«Manca il sistema paese, questo è il punto. Non è solo il costo del lavoro. Quanto ci costa la burocrazia in Italia? Prendiamo la flessibilità: il made in Italy deve essere puntuale. Cosa succede se la merce non è consegnata a scadenza perché le nostre Dogane hanno una produttività inferiore a quella degli altri Paesi della Ue? Sa cosa dovremmo fare?»
Che ne dice di multare non solo chi produce ma anche chi acquista prodotti contraffatti?
«La legge deve essere rispettata. E quindi va multato chi acquista prodotti contraffatti. Non dimentichiamo che la contraffazione vuol dire anche lavoro nero, sfruttamento dei minori, evasione fiscale e troppo spesso anche criminalità».
Estratto da La Repubblica del 8/08/05 a cura di Pambianconews