La decisione della Cina di rivalutare la propria moneta, lo yuan, e di sganciarla dal dollaro, alla quale finora è stata legata, è un fatto «molto importante sotto il profilo dei principi». Ma produrrà «pochi effetti concreti» e certo «non modificherà le strategie delle aziende europee» perché «è ancora troppo poco», dice Luciano Benetton. Da quarant'anni l'imprenditore guida il gruppo della moda che porta il nome di famiglia, 1,7 miliardi di euro di fatturato e una produzione concentrata in Europa.
La mossa della Cina ha creato ottimismo, lo condivide?
«Trovo che essere ottimisti sia ragionevole ma non tanto per gli effetti che questa modestissima rivalutazione dello yuan produrrà, quanto perché si è rotto il ghiaccio».
In che senso?
«Si è modificato un principio che sembrava immutabile: con questa mossa la Cina apre un dialogo di maggior collaborazione con i mercati occidentali, con il rischio per lei di essere meno competitiva».
La crisi è davvero finita, come qualcuno dice?
«Dipende da cosa si intende per fine della crisi. Io credo che voglia dire che non potremo più avere livelli di consumo come quelli registrati fino ad ora. I Paesi occidentali devono trovare nuove idee, nuovi sbocchi nei servizi e nelle tecnologie. Sono cambiamenti della società inevitabili. Se facciamo una panoramica a livello mondiale si vede come una importante crescita dei consumi sia possibile solo in certe aree. La Cina, appunto, ma anche l'India, dove la Benetton è cresciuta del 70% per cento in un anno. Sono Paesi in fermento e in grande sviluppo, con importanti prospettive di miglioramento della qualità di vita della loro gente. Per questo stiamo lavorando con loro come partner. In Cina siamo presenti da oltre 15 anni e questo ci avvantaggia ora che si stanno aprendo queste prospettive».
Estratto da Corriere della Sera del 24/07/05 a cura di Pambianconews