I nostri gioielli brillano sempre meno. «Il settore orafo italiano che ha rappresentato un punto di forza fondamentale all'interno del made in Italy, crescendo quasi al raddoppio negli anni `90 e ha prosperato su esportazioni in crescita verticale fino alla fine del 2000, racconta il presidente e amministratore delegato del gruppo Richemont Italia, Giacomo Bozzi, è entrato in crisi nel 2001, toccando nel 2003 il suo punto più basso. La quota di esportazione sul commercio mondiale si è quasi dimezzata in soli tre anni, a favore di paesi asiatici a basso costo del lavoro».
«In questi ultimi anni, dice Antonio Catalani, consulente di importanti griffe internazionali e docente al master in Fashion e Design alla Sda Bocconi, il modello di consumo è profondamente cambiato e sta emergendo un nuovo paradigma sintetizzabile nel “pretendere il massimo, spendendo il meno possibile”, il consumatore sembra orientato in questa direzione anche quando acquista prodotti di lusso. Così nell'oreficeria pretendere il massimo vuol dire andare oltre le prestazioni e le qualità materiali del prodotto stesso. La nostra è una società dell'abbondanza che ha abbondanza di negozi simili, che vendono cose simili a prezzi simili con qualità simili».
«I fenomeni di successo dice in proposito Giacomo Bozzi, passeranno attraverso il raggiungimento di un'identità a quattro livelli: 1) di prodotto, ottenibile attraverso un'innovazione del design, l'utilizzo di nuovi materiali e una forte dose di creatività. In questi anni abbiamo visto nella fascia media di gamma, affermarsi prepotentemente marche come Breil, Morellato, Pianegonda, Rebecca e altri che sono stati capaci di trasferire un mondo immateriale di simboli e immagini senza usare materiali preziosi; 2) di marca, attraverso la creazione di mondi di riferimento diversi da quelli che il mercato già offre; 3) di comunicazione, ove basta seguire un po' i media per renderci conto della piattezza, ripetitività e omologazione delle varie campagne; 4) di distribuzione, attraverso formule innovative, che escano dagli schemi cristallizzati della distribuzione tradizionale».
Estratto da Affari&Finanza del 18/07/05 a cura di Pambianconews