Dagli anni 90, dal momento in cui s'impose il ´piace alla gente che piace', claim di Y10, il reclutamento dei personaggi famosi è diventato incessante e vorticoso. Come se essi e solo essi, per semplice osmosi o processo omeopatico, cioè per passaggio o diluizione di un principio attivo di successo, potessero dare incomparabile forza e appeal ai prodotti e ai brand testimoniati. In tale processo hanno giocato numerosi fattori.
Certo è che anche le star hollywoodiane non si sono fatte scappare la ricca opportunità di venire a testimoniare per imprese e prodotti nazionali, perché convinti dai lauti ingaggi ma anche dalla certezza che le loro comparsate pubblicitarie, spesso indecorose, non sarebbero state viste fuori dal nostro paese, risultando altresì delle ottime promozioni per i loro film in uscita.
Nel frattempo altri dati non sono intervenuti a modificare quel quadro, dunque diventa difficile interpretare il deciso incremento, anziché decremento, nell'utilizzo di testimonial. Se non collegandolo a quella più generale crisi di sistema, riassunta dall'espressione ´declino italiano', che coinvolge imprese e agenzie, management e pubblicitari. E ricordando che il testimonial è come il nudo o il mostro sbattuti in prima pagina: effetto immediato e sicuro, ma di poca durata. Cioè a effetto limitato, ma sul breve periodo indispensabile per surrogare il basso, ormai drammatico, deficit di innovazione e creatività della pubblicità nazionale.
Estratto da ItaliaOggi del 12/07/05 a cura di Pambianconews