Nota a cura dell'Area Centro Studi di Sistema Moda Italia per Pitti Immagine Bimbo.
Un consuntivo per il 2004
Il 2004 è stato un anno difficile anche per l'abbigliamento Junior, il comparto che raggruppa le aziende produttrici di capi destinati ai ragazzi/e da zero a sedici anni.
Infatti, se fino al 2003 le aziende erano riuscite a mantenere in leggera crescita l'attività settoriale (muovendosi quindi in controtendenza rispetto alla media della filiera), lo scorso anno, la produzione del comparto è scesa verso la soglia degli 1,8 miliardi di euro (-3,8%) penalizzata da una scarsa dinamicità della domanda (sia in Italia che all'estero) e da un forte incremento delle importazioni.
Maggiori difficoltà – in base alle rilevazioni campionarie di SMI – ha incontrato la produzione realizzata interamente in Italia (-5,1%) che nelle sue due componenti (produzione diretta e produzione affidata a terzisti) ha continuato a rappresentare il 71,3% del totale. L'attività produttiva realizzata all'estero (che ha contribuito per il rimanente 28,7% alla definizione del mix d'offerta totale) ha invece mostrato una maggior capacità di tenuta (-0,8%).
L'analisi dettagliata per paese dell'andamento dei mercati esteri può essere condotta – almeno a livello di import-export – solo con riferimento al segmento dell'abbigliamento per neonato, in quanto solo per questi prodotti è possibile aggregare informazioni in base ai dati ISTAT. Tale segmento contribuisce solo per il 27,8% alle vendite estere totali del comparto, ma fornisce spesso indicazioni che possono essere estese al settore Junior nel suo complesso.
Con queste avvertenze metodologiche, la lettura dei flussi di esportazioni relative al 2004 evidenzia un sensibile cedimento dei mercati UE15 (-1,9%) che hanno contribuito solo per il 30% alle vendite estere totali. Tale risultato fa sintesi dei risultati positivi ottenuti in Francia (+8,4%) e Regno Unito (+29,9%), del crollo del mercato tedesco (-36%) e della sostanziale tenuta (-1,2%) del mercato spagnolo, il più importante paese/cliente in ambito comunitario.
Stante il loro ruolo preponderante, sono stati tuttavia gli andamenti registrati sui mercati extraeuropei a fornire il contributo più rilevante nella definizione dei risultati totali.
Negli USA, le vendite di abbigliamento da bèbè Made in Italy hanno continuato a muoversi al rialzo (+11,5%): se si sommano questi risultati a quelli già ottenuti nel 2003 si ottiene un incremento cumulato dell'ordine del 30% con il mercato statunitense che assorbe ormai quasi il 13% del totale delle vendite estere del settore.
Gli incrementi più consistenti nei flussi all'export si sono tuttavia registrati nei paesi ex-sovietici. Nelle esportazioni dirette in Ucraina, l'aumento è stato del 66,7% ed il paese è passato, in un solo anno, dal quinto al terzo posto nel ranking dei principali paesi clienti dell'industria italiana. Ancora più dinamici i flussi diretti in Russia (+85,5%) che sale dall'undicesimo al quinto posto della classifica sopra menzionata. In altri termini, i due paesi presi congiuntamente garantiscono ormai alle aziende italiane fatturati analoghi a quelli raggiunti dal mercato americano.
Molto deludenti invece i risultati di vendita sul mercato giapponese (-39,8%) dove si è perso tutto il terreno guadagnato negli anni precedenti. Migliori sono stati invece gli andamenti di altri due mercati asiatici, Hong Kong (+8,4%) e Cina (+280,8%) che, congiuntamente, hanno assorbito il 6,4% del valore dei flussi in uscita dall'Italia.
Le indagini congiunturali di SMI mettono infine in evidenza, con riferimento all'abbigliamento Junior nel suo insieme, tassi di crescita dell'export (+2,4%), leggermente meno dinamici rispetto a quelli misurati dall'ISTAT per il solo comparto bèbè (+3,4%).
Nei flussi in entrata, sempre l'ISTAT segnala aumenti consistenti sia nei quantitativi (+10,9%) che nei valori (+13,6%) con un ulteriore consolidamento della Cina come fornitore leader del mercato italiano.
L'incremento dell'import dal gigante asiatico è risultato di entità analoga sia nei valori che nelle quantità (+16,6%) ed ha consentito al paese di controllare oltre il 40% del mercato se misurato in valore ed oltre i 2/3 nei quantitativi.
A soffrire maggiormente l'effetto di spiazzamento dell'offerta cinese sono stati i flussi in arrivo dalla Romania (-26,2%) a segnalare anche un ulteriore processo di spostamento delle piattaforme produttive occidentali (e italiane) verso l'Asia.
Anche dall'India (+40% l'import nel 2004) arriva infatti una parte non marginale (5%) delle importazioni totali. Nei dati stimati in base alle indagini congiunturali, l'aumento complessivo dell'import di abbigliamento Junior è stato superiore (+15%) di quello registrato per il bèbè ed ha comportato un ulteriore rilevante appesantimento del deficit commerciale settoriale, arrivato a superare la soglia dei 350 milioni di euro.
Anche il rapporto di import penetration, ovvero la misura della parte di consumi interni soddisfatta da prodotti importati è cresciuto nettamente (dal 39% del 2003 al 44% dello scorso anno). Occorre tuttavia segnalare che tale ratio non tiene conto dei flussi di importazione (controllati dalle aziende italiane) di prodotti che vengono successivamente riesportati.
Sul mercato interno (che assorbe i 2/3 della produzione nazionale), l'aumento della spesa corrente delle famiglie italiane non ha superato l'1,8%. Nei quantitativi acquistati si è invece sperimentata una sostanziale stabilizzazione (-0,2%). L'anno era iniziato in modo incerto, ma poi, negli ultimi sei mesi, è stato rilevato un debole recupero dei consumi. Il trend annuale non differisce molto tra "bambino" e "bambina", mentre il "neonato" (0-24 mesi) ha avuto qualche difficoltà supplementare.
Per quanto riguarda la "bambina" (che ha continuato a garantire il 48% del sell-out totale), l'offerta si è confermata più ampia.
Le proposte delle aziende hanno infatti spaziato dall'abbigliamento un po' più elegante ai capi casual-moda; per il maschio (38% circa dei consumi), invece, si evidenzia una certa omologazione e le scelte sono limitate sempre più ad un abbigliamento comodo e pratico fatto di t-shirt, felpe, pantaloni in cotone e jeans. Infine, nel segmento dedicato al neonato (14% circa dei consumi), il cedimento dei consumi a prezzi costanti è risultato del -0,4%.
In generale, le scelte delle mamme hanno privilegiato la comodità e la facilità di manutenzione dei capi, e solo raramente si sono concesse qualche acquisto un po' più ludico. Risulta sempre più forte inoltre la tendenza al riciclo dei prodotti.
A livello retail, i fattori caratterizzanti del 2004 sono da ricercare in primo luogo nell'ulteriore consolidamento del ruolo delle catene di distribuzione (+4% il sell-out del canale) che veicolano ormai quasi il 31% degli acquisti totali. Un altro fenomeno interessante fa riferimento ai buoni risultati ottenuti dalle boutique (+4% circa il sell-out del canale contro il +1,8% medio del mercato) in quanto registra una netta differenza rispetto alla media dell'abbigliamento.
Le previsioni per il 2005
Per il 2005, le prime indicazioni disponibili provenienti dal mercato finale (relative al bimestre dei saldi invernali) sono coerenti con le previsioni di lieve sviluppo formulate da SitaRicerca, sulla base del crescente interesse che noti brand della moda stanno dedicando all'area dell'infanzia. Più incerti invece le indicazioni provenienti dall'industria dove, per la prima parte dell'anno, si segnala una situazione di stabilità.