Non è facile fare l'imprenditore calzaturiero di questi tempi. Perché a fronte di poche aziende dal brand fortissimo come Tod's o come Geox che macinano utili e aumentano le vendite assistiamo ad una crisi profonda dell'intero sistema produttivo. Nel solo distretto calzaturiero di Fermo sono a forte rischio 5 mila posti di lavoro su 22 mila mentre il consuntivo di settore del 2004 si è chiuso con un forte calo della produzione (7,5%) mitigato solo in parte dalla crescita dei prezzi medi. Eppure, nonostante le batoste la scarpa italiana continua ad essere un pezzo pregiato del made in Italy: nei primi 11 mesi dell'anno scorso il saldo commerciale di settore è rimasto positivo per 3,5 miliardi di euro.
Purtroppo, però, nel 2005 la situazione rischia di peggiorare sensibilmente. In questo quadro è comprensibile l'allarme manifestato da Rossano Soldini, presidente dell'Anci, l'associazione imprenditoriale del settore. Dice: «Siamo di fronte ad una emergenza che è al tempo stesso economica e sociale per le perdite in termini di occupati. La Cina sta mettendo a serio rischio la sopravvivenza delle imprese della moda, sia tessili, sia calzaturiere».
Per alcune aziende potrà essere la decisione di puntare sul marchio come hanno già fatto i gruppi maggiori. Un'altra ipotesi è quella di giocare la carta delle licenze o dell'integrazione all'interno di un grande gruppo. Un'altra possibilità è quella di stringere un'alleanza con la distribuzione. In ogni caso è evidente che le aziende italiane difficilmente potranno competere sui prezzi con le imprese dell'estremo oriente. Molto meglio elevare progressivamente la qualità avvicinandosi al livello del «lusso accessibile». Oppure consolidare la fascia media del mercato con un abile processo di delocalizzazione.
Estratto da Affari & Finanza – Rapporto Calzature del 14/03/05 a cura di Pambianconews