Repetita iuvant, soprattutto alle orecchie della moda. Carlo Pambianco l'ha capito circa trent'anni fa. E oggi è forse il solo personaggio del made in Italy a potersi permettere di dare del «tu» a tutti i protagonisti del fashion system, imprenditori, stilisti e pierre, proprio perché è sempre riuscito a «ripetere» al lusso italiano ciò che esso voleva sentire. Anche questa mattina, aprendo il convegno «La Moda a una svolta», Pambianco continuerà la tradizione.
Quello di oggi è il nono incontro consecutivo della serie Pambianco Strategie di Impresa. L'argomento? «Il ripensamento del modello familiare, si legge nell'invito, per competere in un mercato sempre più complesso». Insomma, impresa e famiglia. Roba di cui si parla da un po'. Roba su cui è possibile trovare decine di articoli, testi universitari e ricerche. Eppure, come un ambasciatore dell'Araba fenice, che ci sia ognun lo dice, dove sia niun lo sa, Carlo Pambianco ri-parlerà dell'argomento, esponendo le proprie tesi davanti a centinaia di Vip, sì questa volta con la maiuscola: nomi del calibro di Giorgio Armani, Francesco Trapani, Mario Moretti Polegato, Santo Versace, Giovanni Burani e Matteo Marzotto. Un viceministro, Adolfo Urso, e un banchiere del livello di Corrado Passera, amministratore delegato di Banca Intesa (partner nell'organizzazione del convegno). Mica gente cui vendere aria fritta.
«Ognuno dei nostri convegni, dice Pambianco, ha messo in fila le cose, in un ordine in cui era possibile studiarle». Documenti (gratuiti) utilizzati come una manna anche dai giornali, che, ancora oggi, nel campo della moda spesso non trovano «chi dà i numeri».
Insomma, il primo consulente moda dell'era moderna ha messo ordine tra i rissosi, vanitosi e orgogliosi imprenditori nazionali. Anche dell'intervento di oggi, qualcuno dirà: «Già detto». Eppure, il consulente manderà a verbale parole come: «La moda è troppo vecchia, e non c'è più tempo da perdere per cambiare gli uomini di comando. Negli ultimi otto anni, circa 230 aziende italiane hanno dovuto cedere la mano, e i gruppi francesi, sovracapitalizzati, sono pronti a mangiarsi il made in Italy».
A sessantacinque anni d'età, una posizione coraggiosa. Pambianco ha già organizzato la successione della società (presto trasformata in srl in omaggio ai vantaggi della Vietti) al figlio David, ma «conto di aiutare ancora il settore a crescere». Fino almeno a 70 anni, dice. Ma non ci crede nessuno. Si diverte troppo, chiuso nel suo ufficio insonorizzato, di fronte a San Babila, con la musica a tutto volume, a pensare come raccontarla ancora. La solita, conosciuta favola del lusso. Che piace tanto a tutti.
Estratto da Finanza&Mercati del 9/11/04 a cura di Pambianconews