«Nel prét-à-porter molte cose devono ancora cambiare. In passato la possibilità di ottenere grandissimi margini ha consentito di colmare i difetti. Ma dopo l'11 settembre tutto è cambiato, il mondo è stanco di tanti sprechi, anche se il consumatore non potrà mai fare a meno del lusso». Renzo Rosso, presidente e proprietario della Diesel, è un paladino di cambiamenti e innovazione. Nel prét-à-porter è entrato solo di recente, quando nel 2002 ha rilevato il controllo della casa francese Martin Margiela (30 milioni di fatturato circa). «Devi essere molto convinto di quello che fai – spiega – perchè la pressione di chi voleva che facessi cose facili, più vendibili è stata fortissima. Molti mi rimandavano indietro i jeans strappati sostenendo che erano fallati, difettosi». Ma è proprio grazie ai jeans che Diesel ha conquistato il mondo e nel 2003 ha raggiunto un fatturato di 780 milioni di euro, per l'85% realizzato all'estero.
Secondo Renzo Rosso come deve cambiare il mondo del prét-à-porter?
Bisogna far venire in azienda dei veri manager e, con loro, rendere più professionale ogni singola area. Io ho portato qui dentro manager dell'industria e della grande distribuzione. Sembrava uno scandalo, un giorno mi hanno presentato le dimissioni in dieci. Far andare d'accordo i nuovi manager con quelli “storici” è stata la mia vera, grande sfida: alla fine nessuno è andato via. Un ex dirigente Unilever è a capo della Francia, il Paese in cui abbiamo sudato di più ma che ora ci sta dando le maggiori soddisfazioni. I nostri jeans si vendono quasi come una borsa di Vuitton!
Il made in Italy sarà in grado di ritrovare quella competitività in parte perduta negli ultimi anni?
Le assicuro che fuori dall'Italia il made in Italy ha un fascino incredibile, la gente l'adora. Ma ora rischiamo di perderlo: al Nord la produzione sta scomparendo, resta al Centro e al Sud, ma ci vuole qualcuno che abbia voglia di portarla avanti. Il Governo deve dare alla gente la possibilità di fare investimenti, ma con incentivi legati al raggiungimento di determinati obiettivi. Ci sono tanti giovani che hanno voglia di fare, lo vedo dalle lettere che ricevo. Così potremo riuscire a produrre ancora in Italia, con il giusto prezzo.
Nessuna delocalizzazione, quindi?
Certe produzioni non si possono comunque più tenere qui: è il prezzo di mercato che parla, se ci si allontana troppo non si sopravvive. Anche Christian Dior ha già prodotto qualcosa in Nordafrica. L'importante è che il cervello resti in Italia.
Estratto da Il Sole 24 Ore del 6/06/04 a cura di Pambianconews