Per i consumi di abbigliamento, nei prossimi due anni la crescita nei Paesi Ocse sarà, in euro, superiore al 7%: in pratica un aumento del 3,5-3,7% all'anno. Questo risultato compensa quasi interamente la forte caduta dell'anno scorso (-7,3%) ma è difficile che l'Italia riesca ad agganciare la ripresa e a mettere a segno lo stesso risultato. Perché? Per colpa della composizione geografica dei mercati di sbocco delle imprese italiane, il cui fatturato deriva ancora per più di metà da clienti italiani e per un ulteriore 19% (che rappresenta il 70% delle esportazioni) da altri clienti europei. Così il nostro Paese, poco presente sui mercati che corrono di più, come Stati Uniti, Asia o Europa dell'Est, dovrà probabilmente accontentarsi di un aumento più contenuto della domanda: il 6% circa in due anni, a parità di condizioni e a cambi stabili. Sono questi i risultati di un'analisi elaborata da Hermes lab, e che «Il Sole-24 Ore» è in grado di anticipare.
Che l'Europa sia l'area più critica in termini di ripresa («se di ripresa si può parlare») lo conferma anche Michele Norsa. amministratore delegato di Valentino e direttore generale di Marzotto. «Germania, Francia e Italia sono ferme – dice Norsa – e l'Europa è negativa per tutti. Questo penalizza molto le aziende italiane, per le quali ha un peso forte». Norsa esprime qualche perplessità anche sulla reale forza della ripresa Usa («ho l'impressione che la crescita si sia un po' fermata») ma resta molto positivo su Asia ed Europa dell'Est. E sul Medio Oriente che, per il lusso. è in forte sviluppo.
Un fenomeno che caratterizza la recente fase di recessione è anche lo sganciamento dell'andamento congiunturale del settore tessile da quello dell'abbigliamento. Negli ultimi 15 anni, secondo Hermes lab, le due componenti della filiera avevano sempre marciato di conserva, al massimo con qualche breve sfasamento. Ora per filature e tessiture la crisi ha avuto dimensioni tali che per tornare ai livelli di fatturato di fine 2000 ci vorrebbe una ripresa di dimensioni colossali: il primo trimestre 2004, invece, è ancora in netta discesa rispetto al primo trimestre dell'anno scorso. Un declino inevitabile? È presto per dirlo. Certo, se il tessile non va non è un buon segnale neppure per l'abbigliamento, vuol dire che c'è ancora molta cautela negli ordini e il futuro resta incerto. Ma vuol dire anche che la capacità innovativa è limita e di conseguenza la concorrenza molto forte.
Vedi tabella che segue
Estratto da Il Sole 24 Ore del 6/06/04 a cura di Pambianconews