Allegri, marchio storico nel panorama della moda italiana, vuole diventare una griffe. In altre parole, vuole muoversi in grande, fare politica di marchio, aprire negozi diretti. Compito non facile, visti i tempi che corrono. «Le ristrutturazioni sono cicliche. Le si fa quando se ne ha bisogno, risponde Augusto Allegri, alla guida della Dismi 92 a cui fa capo il marchio. Sfortunatamente proprio quando abbiamo cominciato a metterci mano, nel 2001, è cominciata la crisi generale e soprattutto quella dei consumi a causa della quale anche la nostra azienda ha preso qualche schiaffo». Cifre che per un'azienda con un fatturato di 52 milioni di euro sono importanti. A partire dal nuovo immobile che ha comprato per cinque milioni di euro (a cui vanno aggiunti due per la ristrutturazione) in via Stendhal, area emergente della moda e della cultura milanese.
A disegnare le collezioni, della nuova era Allegri sono stati chiamati due giovani trentenni, esponenti della più recente avanguardia stilistica belga, il duo noto come AF Vandevorst, dietro cui ci sono Filip Arickx e An Vandevorst. Con il linguaggio da addetti ai lavori la loro è una moda concettuale. Il che vuol dire, sexy senza eccesso, rigorosa, ma non noiosa. «Bisogna rafforzare il marchio abbinandolo ad una matrice stilistica forte», dice Allegri e la tradizione del marchio ha visto al lavoro stilisti eccellenti. A partire da Giorgio Armani a Romeo Gigli, da Marithé e François Girbaud a Martin Margiela.
Dopo un lungo silenzio Augusto Allegri, di poche e misurate parole, si è deciso a raccontare cosa sta facendo. Sessantacinquenne, alto, asciutto, e un aspetto da intellettuale, imprenditore da sempre e fotografo per passione, è l'amministratore delegato del gruppo Dismi 92, azienda della famiglia Allegri, cui, oltre al marchio omonimo, fa capo un pacchetto di licenze produttive. Ad occupare i posti chiave della gestione aziendale sono una decina di componenti della famiglia che stanno iniziando a guardarsi intorno per dotarsi di management esterno.
L'azienda negli ultimi anni ha mantenuto stabile il fatturato consolidato, chiudendo il 2002 a 56 milioni di euro, mentre ha ristretto l'utile netto, passato dall'1,1 milioni di euro del 2002 allo 0,5 dell'anno scorso. «Chiuderemo il 2003 con un fatturato consolidato di 52 milioni di euro, un utile dell'1% e un margine operativo lordo di 17,2 milioni di euro», dice Allegri e spiega: «cerchiamo di essere competitivi evitando di indebitarci, per cui a rimetterci sono i margini, risicati anche dai forti investimenti e dai costi delle strutture che bisognerà snellire». E infatti di soldi ne stanno spendendo parecchi. C'è stata un'accelerata anche negli investimenti in comunicazione (dal 7% dell'anno scorso al 10% di quest'anno) che andranno a supportare la nuova campagna pubblicitaria allo studio.
E ancora altri investimenti per entrare nei nuovi mercati e aprire negozi monomarca. A fine anno i negozi a marchio Allegri saranno sette. Dopo la recente apertura al Crocus City Mall di Mosca, shopping center appena fuori dalla capitale russa, dove vanno a fare le loro spese le ricche signore moscovite, aprirà, fra un paio di mesi, un negozio nella centralissima via Petroskaia, a fianco del teatro Bolshoi. Poi sarà la volta della Cina. A luglio apre a Pechino e poi a Shanghai.
Estratto da Affari & Finanza del 26/04/04 a cura di Pambianconews